Domenica 10 settembre alcune persone solidali sono andate sotto il CPR di Macomer per portare un saluto e la propria vicinanza ai reclusi. La struttura, è l’unica in Italia che nasce come carcere di massima sicurezza, e dal 2020 è stato aperto come Centro per il rimpatrio con circa 50 posti. E’ situato nella periferia di Macomer, in mezzo alla campagna e dai racconti dei reclusi presenta anche delle celle sotterranee, utilizzate come celle punitive.

La legge di bilancio del 2023 prevede il suo ampliamento per raggiungere la capienza di 100 posti. Questo ampliamento è previsto anche per altri CPR e si progettano anche nuove aperture, con ben 36 milioni di euro nel bilancio, a sottolineare la volontà governativa di continuare a perseguire i cosiddetti “irregolari”, ovvero chi viene criminalizzato per la sua mancanza di documenti che permettano di stare sul suolo italiano.

Dall’interno sono arrivate poche informazioni nei mesi scorsi, risulta che gli sono requisiti i telefoni all’arrivo e che ultimamente non gli sia dato accesso alle cabine telefoniche, dunque le chiamate che vengono permesse (a discrezione delle guardie) avvengono dall’ufficio centrale, sotto l’attenzione dei poliziotti. Non è concesso tenere neanche una penna o un orologio, viene raccontato della mancanza di sapone per l’igiene e per i piatti, come di vestiti e coperte. La qualità del cibo è pessima e le quantità scarse, inoltre il cibo è spesso riempito di psicofarmaci.

Le notizie sono frammentarie in quanto è estremamente difficile far entrare avvocati o associazioni, la prefettura ne ostacola i permessi in ogni modo. Inoltre il le guardie all’interno del CPR di Macomer hanno da anni preso la prassi di rifiutare sistematicamente i pacchi, creando ulteriori rallentamenti in ogni tipo di supporto che potrebbe essere dato da fuori. Sembra che all’interno vige la più completa discrezionalità e questo viene aumentato dalle barriere linguistiche e culturali che vivono molti reclusi, già provati psicologicamente da una detenzione arbitraria di cui non si sa il termine.

Questa situazione è durevole dalla sua apertura, in quanto le cooperative che gestiscono i CPR vengono scelte con bandi al ribasso, in cui l’obiettivo non è certo la salute e il benessere di chi vi sta dentro, ma un risparmio incurante delle condizioni di tortura.

Le giornate sono tutte uguali in attesa della liberazione o della deportazione nel proprio paese di origine, non sono previsti corsi o attività. Inoltre gli operatori del centro sono altri immigrati ricattati con il permesso di soggiorno, con il risultato di spezzare qualsiasi legame di solidarietà a favore di una collaborazione con le guardie.

La cooperativa che gestisce Macomer è Ekene Cooperativa Sociale Onlus di Battaglia Terme (PD) che fa affari anche nella gestione del CPR di Gradisca d’Isonzo.

Le torture che vivono ogni giorno i reclusi portano spesso ad autolesionismo, tentativi di suicidio o rivolte e anche a Macomer ci sono stati numerosi casi usciti nella cronaca. Come se non bastasse il centro è stato utilizzato nel marzo 2023 per il trasferimento punitivo dei rivoltosi del CPR di Torino, che grazie alle loro proteste sono riusciti a distruggere e chiudere il centro.

La scorsa domenica a Macomer ha avuto luogo una nuova protesta, sono state sicuramente determinanti le condizioni quotidiane spaventose, il caldo e le tante violenze vissute.

Chi era lì davanti ha provato per qualche ora a far sentire meno solo e disperato chi è detenuto, rimarcando che nonostante vogliano nasconderli dalla vista, c’è chi non si dimentica di loro e di chi è responsabile di tanta violenza nei loro confronti.

I giornali hanno subito voluto rimettere la responsabilità indiretta dell’incendio, a chi ha espresso solidarietà lì sotto. La volontà precisa è quella di isolare un fatto che ha molto più da dire sulle condizioni che i reclusi vivono e sulla loro voglia di libertà, cercando di disegnarli come dei soggetti deboli e manipolabili, pronti a rispondere agli ordini altrui. I fatti si commentano da soli, chi chiuderà i CPR saranno i reclusi stessi, noi possiamo solo imparare dal loro coraggio.

A seguito il comunicato chi era sotto al CPR ieri mattina.

“Oggi 10 settembre un gruppo di solidali si è presentato all’esterno del CPR di Macomer per portare solidarietà ai reclusi.

La risposta sin dall’inizio è stata calorosa oltre ogni aspettativa. Si è cercato di comunicare con chi stava dentro, cercando di avere informazioni sulla situazione interna e capire come supportare i reclusi. Dopo un’ora che il presidio andava avanti dall’interno sono arrivate grida contro la polizia, richieste di libertà e aiuto, alternate a rumori di battitura alle quali compagne e compagni rispondevano, intuendo che all’interno la tensione stava aumentando. Poco dopo si è alzata una grossa colonna di fumo nero mentre i reclusi continuavano a far sentire la loro protesta e a dialogare con i/le solidali.

L’intervento dei pompieri e della celere, accompagnato dal lancio di lacrimogeni, è servito per spegnere il fuoco ma non la volontà di lottare.

Gli sbirri a fine saluto hanno identificato tutte e tutti i/le solidali mentre si continuava a comunicare con i prigionieri. Ciò che è avvenuto in questa giornata rafforza la voglia di continuare la lotta per abbattere tutte le gabbie. L’emozione di fronte ad una rivolta così determinata e coraggiosa è indescrivibile. Si è aperta una breccia nel muro di silenzio che vale la pena mantenere viva, auspicando che queste rivolte siano sempre più frequenti.

Ancora una volta il coraggio dei reclusi ci ha ricordato che le galere si possono distruggere.

Compagne e compagni contro tutte le galere”