Neanche come turisti

Il 17 Luglio si è tenuta ad Isili un’assemblea con i tecnici della società intenzionata ad investire sull’eolico in località Perd’e Cuaddu, in questo caso Inergia s.p.a. con un tecnico regionale e il progettista Ing. Frongia da Cagliari.

La calura estiva dilaga in tutta la regione e probabilmente con furbizia gli ingegneri hanno strategicamente indetto l’assemblea alle 15 in un teatro senza condizionatori d’aria forse sperando in una partecipazione limitata. Le loro speranze sono state però disattese da una larghissima partecipazione di persone da tutta l’isola sia appartenenti ai comitati di opposizione che semplici cittadini curiosi di capire cosa comportino questi progetti e vedere in faccia chi li propone.

Gli interventi tecnici sono stati un connubio di mistificazione ed immagini simulate della zona di Perd’e cuaddu in cui 5 enormi pale eoliche svetteranno timide, come se fossero un presenza impercettibile, per portare l’energia sicuramente in un sacco di posti ma sicuramente non in Sardegna.

I tecnicismi proposti hanno infatti lasciato spazio alla realtà in cui se qualche illuso fantasticava sul non dover più pagare, o quasi, una bolletta di corrente ha sicuramente avuto una brutta notizia. Una scritta in un piacevole azzurro chiaro precisava infatti che le bollette sarebbero rimaste invariate e che il vantaggio sarebbe stato di ben 140 euro annui per un qualche migliaio di famiglie. Un territorio devastato evidentemente vale così poco.

Dopo le slides e le introduzioni del pool ingegneristico, interrotte molto spesso da fischi ed inviti ad andarsene, sono iniziati gli interventi. La possibilità di intervenire era vincolata al lasciare all’ingresso nome, cognome e numero di documento d’identità sotto lo sguardo vigile di alcuni membri della security, volgarmente detti buttafuori, assunti per l’occasione ed un piccolo gruppo di carabinieri. I sindaci dei diversi comuni sono stati i primi ad intervenire criticando aspramente il progetto e le modalità con cui fosse stata indetta l’assemblea ed evidenziando come fosse l’ennesimo progetto calato dall’alto che non teneva assolutamente in conto le esigenze e le peculiarità del territorio pur di agevolare una speculazione che arricchisce i soliti pochi non dimenticando che è palese l’intento da parte di queste aziende di non fermarsi a cinque pale ma andare oltre. Inoltre è stato fatto presente come le centinaia di proposte presentate ai comuni sardi per parchi eolici e progetti cosiddetti green creino confusione per la mancanza di chiarezza e per l’impegno richiesto ai tecnici comunali molto spesso in numero ridottissimo probabilmente ai fini di creare delle falle in cui i novelli speculatori possano far passare i progetti.

I tanti interventi sono stati tutti dello stesso tenore, le comunità tutte si sono dette contrarie, i cittadini e le cittadine, passando da messaggi da parte di comunità religiose, che hanno confermato la contrarietà a questi progetti definendoli coloniali e parlando dell’ennesimo tentativo di invasione.

Non sono mancati i fischi e gli insulti visto il silenzio ed in alcuni casi la strafottenza degli ingegneri che subivano passivamente gli attacchi come chi si crede nel giusto forse per la solita convinzione che la Sardegna abbia bisogno di nuovi profeti che le portino il benessere e sviluppo.

Nonostante i percorsi istituzionali siano sempre dei terreni accidentati in cui i livelli si sovrappongono per tutelare il cosiddetto interesse generale, sicuramente l’esposizione pubblica dei sindaci del Sarcidano è un buon passo avanti rispetto alle eventuali aperture di altri primi cittadini meno disposti ad ascoltare le loro comunità.

La corsa all’energia ed alle risorse per nutrirla sta assumendo dei contorni sempre più vasti. Proposte di riapertura di miniere e ricerca delle materie prime rare, attaccamento al fossile, parchi eolici sia in terra che in mare stanno popolando le cronache dei quotidiani in tutto il centro sud Italia e la Sardegna non è esclusa da questa nuova corsa all’oro.

Le riflessioni che si possono fare sono tante. La trasformazione di beni impalpabili e collettivi come il vento o il sole in energia e conseguente profitto passa attraverso le magie del capitalismo che riesce a mutare la materia “vile” in oro come un processo alchemico da romanzo gotico a discapito dell’interesse di comunità piccole o meno che hanno trovato nel tempo solamente ostacoli per progetti di autogestione energetica o di valorizzazione dei territori. Così l’ago della bilancia diventa il profitto, non certo l’interesse comune e ancor meno l’interesse dei piccoli territori che assumono nelle gelide analisi degli ingegneri l’aspetto di abitudini e pratiche obsolete da folklorizzare più che da tutelare.

L’altra riflessione è che questi progetti arrivano proprio e non a caso in un epoca storica in cui la rassegnazione e l’asservimento sono entrati nel patrimonio culturale delle popolazioni per cui i progetti dello Stato inteso come entità posta “in alto” non siano contrastabili sul lungo periodo. L’impoverimento indotto, l’immaginario di un mondo in cui l’onere dell’energia pulita diventa appannaggio dei singoli e non responsabilità delle grandi fabbriche energivore e in cui il rifiuto ad alcune speculazioni viene trasmesso come una opposizione al benessere sono dei fattori con cui bisogna fare i conti ma assemblee come quella di Isili sono la dimostrazione che dei piccoli passi in direzione ostinata e contraria a questi progetti siano possibili.

Possiamo quindi sicuramente accennare un sorriso di fronte alle facce appese degli ingegneri ricoperti d’insulti e invitarli, come detto in uno degli interventi, a non tornare in Sardegna neanche come turisti.