Sono ovunque, e sempre più numerosi. Non è questa una lamentela, o uno sputo di frustrazione, ma un dato oggettivo che stiamo registrando settimana dopo settimana.
Stando solo al territorio sardo nelle ultime settimane abbiamo potuto assistere a svariate esasperazioni di questo fenomeno che ha del preoccupante non solo per chi lotta, ma per chiunque a vario titolo non abbia la propensione all’allineamento in forma individuale o collettiva.

Le divise le troviamo davvero ovunque, dalle campagne allo stadio, non c’è luogo geografico o sociale dove la presenza delle forze di polizia sono sia in una parabola crescente. Vi sono fatti gravissimi come ciò che è accaduto a Arzana, dove lo Stato ha sequestrato e confiscato la casa del bandito latitante Cubeddu, in cui vivevano la moglie e la figlia, per farne una caserma dell’arma dei carabinieri, una provocazione inaccettabile e di una violenza indiretta veramente notevole, che sa tanto anche di prova di forza dello Stato in territori storicamente ostili e resistenti alle istituzioni in divisa. Ci sono fatti che invece rasentano il ridicolo (anche se poi se si finisce in tribunale non c’è molto da ridere), come un’indagine a carico di decine di persone per aver organizzato e partecipato a dei presidi fuori dal carcere di Bancali e aver procurato dei danni a….un campo di fave. Ci sono paesi, come Lula, completamente militarizzati da mesi per evitare che il malcontento per l’ennesima imposizione dall’alto si manifesti, e poter quindi far finta che progetti come l’ET siano ben visti e accettati.
C’è un numero spropositato di sbirri e mezzi mobilitato per le manifestazioni, in particolare quelle contro l’occupazione militare, a dimostrazione delle risorse che il ministero mette a disposizione per monitorare e reprimere preventivamente ogni embrione di forma organizzata di potenziale conflitto e lotta (spesso si parla di decine e decine di celerini, elicottero, idrante, antiterrorismo, decine di agenti in borghese, strade bloccate, droni). Possiamo solo immaginare cosa metteranno in campo per difendere i cantieri della transizione energetica vista l’aperta contrarietà che si sta diffondendo in tutto il territorio sardo.
Contro questa situazione è facile adottare la retorica per cui lo Stato investe cifre inimmaginabili per il controllo sociale e poi le infrastrutture sanitarie sono al collasso. Ma non solo quelle, disoccupazione, emigrazione, progetti speculativi e inquinanti, abbandono delle zone interne, qui da noi un pò tutto è al collasso, e i motivi per lottare non mancherebbero, e allora è forse per questo che ogni germoglio di conflittualità viene soffocato. Il comunicato che pubblichiamo di seguito porta solidarietà – alla quale come redazione ci uniamo – a dei compagni che si sono ritrovati delle microspie in macchina, anche questo è un classico: il controllo personale e intimo a figure che a vario titolo vengono ritenute più pericolose di altre, di solito solo per la generosità che mettono a disposizione per le loro idee. Ci uniamo al proposito di evitare che tutto questo diventi normalizzazione.
Non cadiamo nelle dinamiche del divide et impera, restiamo uniti nelle lotte e contro la repressione.

Il comunicato della Cassa Antirepressione Sarda:

Qualche giorno fa in un’automobile in uso a dei compagni sono state ritrovate delle microspie. Il pacchetto completo fatto di microfoni e GPS.
Chi lotta si deve purtroppo abituare a convivere con l’idea e la realtà che le sue conversazioni e i suoi spostamenti siano controllati e registrati (a volte perfino filmati). Se anche questa violenza è diventata un’abitudine che ci porta a cambiare alcuni comportamenti per mantenere private questioni intime e di altra natura, non dobbiamo normalizzarla.
Queste poche righe servono a portare un abbraccio a compagni indagati, a ribadire l’importanza della solidarietà e della compattezza di fronte alla repressione crescente.
Le lotte non si fermeranno.
Kontra s’istadu feus kumente s’ortigu.
Sempri ainnantis

Teste dure – Cassa Antirepressione Sarda