Sono da poco passate le 21 quando il telegiornale locale trasmette una notizia che scuote l’intera Corsica. È 21 Marzo ma non di primavera, tristezza e rabbia interrompono i pasti serali.

Yvan Colonna è morto.

Tutti sapevamo che sarebbe accaduto, in seguito alla brutale aggressione avvenuta il 2 Marzo nel carcere di Arles. Quando succede davvero, però, è diverso.

I volti trasmettono lo shock, nei bar non si parla d’altro.

A Bastia e ad Ajaccio la gente si assembra nel cuore della notte davanti al tribunale ed alcune chiese, intonando canti popolari e vegliando in ricordo di Yvan.

Qualcun’altro a Calvi appicca un fuoco fuori dai cancelli della sottoprefettura.

Intanto i CRS, la sbirraglia francese, si schierano in difesa della prefettura di Bastia. La stessa che, appena una settimana fa, è stata assediata da migliaia di manifestanti al grido di “Statu francese assassinu”.

Se negli ultimi giorni sembrava che la mobilitazione si stesse affievolendo, tra gli autonomisti che si fidano di Macron e l’insicurezza delle formazioni indipendentiste, la morte di Yvan non può che scombussolare le carte in tavola. Al di là dell’impasse dei partiti c’è una gioventù incazzata, c’è un popolo stanco delle promesse d’oltremare.

La mattina del 22 Marzo la città di Corte si sveglia con licei e Università bloccati e con diverse scritte sui muri che recitano “l’avete da pagà”, affianco al volto di Yvan. Sulla prima pagina del Corse Matin dedicata interamente alla morte del patriota, la famiglia chiede che “il lutto venga rispettato”.

Non si sa cosa accadrà ma, da vicino, si respira l’aria di una calma tesa, una calma che annuncia una burrascosa tempesta.

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