Inoltriamo la chiamata per il presidio sotto il carcere di Uta con allegati alcuni stralci di lettere provenienti da delle corrispondenze con il femminile di Uta.

Facciamo sentire le nostre voci e la nostra vicinanza alle detenute della sezione femminile di Uta che sono stanche di subire gli abusi del sistema carcerario che negli ultimi due anni sono diventati ancora più opprimenti.

Sosteniamo le detenute e i detenuti che vivono quotidianamente la repressione se provano ad alzare la testa. Ricordiamo che ogni giorno si muore in galera, il responsabile è lo Stato.

RITROVO ALLE ORE 19:00 FUORI DAL CARCERE DI UTA
APPUNTAMENTO ALLE ORE 18:00 IN PZZ.LE TRENTO A CAGLIARI PER PARTIRE INSIEME!

Evento facebook: https://www.facebook.com/events/297591632475298?ref=newsfeed

Evento SaPratza: https://sapratza.in/event/torniamo-fuori-dalle-mura-del-carcere-di-uta

Alcuni stralci di lettere provenienti dalla sezione femminile del carcere di Uta

“L’ispettore non è mai in sezione e se viene richiesto con la classica domandina, passa prima dal preposto, che ti chiama e ti chiede la motivazione… siamo costrette a dire bugie poiché loro, secondo me, hanno paura che parliamo di come si comportano e non gli fanno arrivare le domandine.”

“La notte stanno (le agenti) nella nostra socialità a guardarsi il televisore a volume al quanto alto, ridendo e scherzando e un giorno è venuto (anzi una sera) a mancare questo telecomando. Sono andate di matto (le agenti), anche perché noi in socialità ci entriamo molto poco e il televisore viene usato praticamente mai, ci hanno prima fatto spogliare e poi con anche agenti uomini hanno fatto le perquisizioni in ogni cella con noi chiuse in socialità. Dopo di che una ragazza si accorge che il telecomando era sotto una sedia, a quel punto il preposto che è una donna di nome Debora si è incazzata e urlando dice che ci faceva rapporto a tutta la sezione.”

“Le ragazze che hanno contratto il Covid sono state isolate nelle celle di una sezione al primo piano (completamente col blindo chiuso) senza avere nessun supporto psicologico per quasi un mese e non sono nemmeno state curate, addirittura si dimenticavano di dare i medicinali.”

“Siamo abbandonate dentro queste celle e costrette sotto minacce a fare anche lavori che non sono di nostra competenza, tipo durante il Covid ci hanno costrette a fare lavori di porta vitto, lavapiatti e addirittura mettere le mani nelle cose delle persone positive con il rischio di contagio. Non hanno mai sanificato in modo adeguato questo stabile… siamo a rischio ogni giorno. E loro ci danno le cose senza guanti e senza mascherina, ma durante i colloqui con parenti con Green Pass rafforzato non ci si può nemmeno sfiorare e questa è una cosa che va risolta perché ci stanno levando un diritto umano.”