Il destino della produzione energetica in Sardegna appare ormai chiaro, la quantità di progetti per installare distese di pale eoliche e pannelli fotovoltaici si preannuncia come un nuovo attacco alla nostra terra.

Con la scusa della cosiddetta “transizione energetica” e l’abbandono delle fonti fossili (in realtà, solo in parte), la Sardegna si appresta a diventare una colonia energetica: per ingrassare le tasche delle solite multinazionali e grossi industriali (Enel, Eni, Saras, Fri-el Spa, Falck ecc.), il piano è quello di sfruttare i nostri territori in maniera intensiva ed estensiva per produrre energia elettrica “pulita”, da vendere cara a noi e, soprattutto, da esportare in continente.

La Sardegna produce già quasi il doppio dell’elettricità necessaria al fabbisogno delle nostre comunità e, grazie ai cavi sottomarini Sapei (1000 MW) e SaCoi2 (300 MW, presto modernizzato per raggiungere i 400 MW), può trasmettere il surplus nella rete del continente. Ma anche queste cifre sembrano non bastare più.

Tutta l’energia prodotta da quei progetti green che abbiamo citato non ha niente di etico e non è altro che profitto di pochi.

Non a caso, Terna sta facendo approvare la costruzione di un nuovo cavo di trasmissione da 1000 MW entro il 2028, che collegherà la Sardegna alla Sicilia e la Sicilia all’Italia: il Tyrrhenian Link.

La portata del cavo suggerisce quanta energia in più vuole essere prodotta e portata via ed è finalizzato proprio all’esportazione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili che, sia da noi che in Sicilia, è attesa in crescita. Terna si vanta in maniera patetica dell’importanza dell’opera nel più ampio quadro di “transizione energetica” e della sua imponenza, visto che percorrerà in totale 950 km a una profondità di 2000 m sotto il livello del mare, arrivando ad essere il cavo sottomarino più profondo al mondo e più lungo d’Italia. Che culo!

Sostiene inoltre che l’impatto sul territorio per la costruzione di questa nuova linea sarà minimo. Un cavo sottomarino che, dopo aver già distrutto 450 km di fondale transisolano attraccherà sulla spiaggia di Terra Mala (Quartu Sant’Elena), da dove proseguirà sotterraneo verso la già esistente centrale di smistamento Terna di Selargius, che sarà ingrandita, forse in territorio di Settimo San Pietro.

Staremo a vedere se l’impatto sarà davvero minimo come dicono, ma questo non cambia quello che è la natura del progetto.

Sappiamo bene che accettare in silenzio la costruzione di quest’opera significa: subire passivamente, per l’ennesima volta, lo sfruttamento della Sardegna, concedere ancora una volta a chi la sfrutta a suo piacimento tutte le comodità del mondo per arricchirsi il più possibile, accettare la subalternità che viviamo e le imposizioni che ci rendono dipendenti da ciò che viene dal mare.

Sappiamo bene che la costruzione del Tyrrhenian Link sarà un’occasione in più per progettare altre mega centrali (che siano green o tradizionali), che si potranno impiantare dove più conviene ai ricchi imprenditori e meno a chi vive l’isola quotidianamente.

La costruzione di questo cavo è un tassello fondamentale all’intera opera di transizione energetica industriale in Sardegna: senza questo, la capacità di esportazione dell’isola non sarà abbastanza e non avrebbe senso di esistere la selva di pale eoliche di cui hanno bisogno oltremare.

Mettere i bastoni tra le ruote a questo progetto significa quindi rallentare l’avanzata di questa nuova forma di servitù energetica che ci stanno imponendo con l’inganno.

Siamo ancora in tempo per fermarli.
Non saremo la loro colonia energetica,No Tyrrhenian link!

Kontra su kolonialismu, Sardinnia Aresti