Ultimamente nei giornali sardi si parla molto della situazione delle carceri, gli articoli vanno da quelli soliti e piagnucolosi dei secondini che chiedono più sicurezza e più assunzioni contro i detenuti aggressivi, fino alle lagne della Magistratura di Sorveglianza di Cagliari che si lamenta del troppo lavoro e delle troppe persone in libertà mentre potrebbe accelerare la loro incarcerazione.

Ogni tanto però escono fuori storie diverse, pur con molta difficoltà, e infatti raramente vengono portate alla luce dai giornali. Si comprende la gravità dei fatti perchè questi possano riuscire a superare le mura delle prigioni e raccontare addirittura una storia diversa di quella trita e ritrita proposta dai loro aguzzini.

Una di queste è riportata il 12 ottobre sull’Unione Sarda; parla di 9 agenti che ad agosto 2020 hanno pestato a sangue un detenuto durante un trasferimento da Uta a Baddh’e Carros, questo pestaggio gli ha causato 40 giorni di prognosi e vi sono coinvolti alcuni secondini di Uta e di Nuoro. Si è gridato allo scandalo quando sono circolati i nomi dei secondini, ci sarebbe da scommettere che questo comportamento non è un brutto episodio della loro carriera ma un’abitudine ad esercitare la forza del branco quando più è utile.

I pestaggi sono frequenti, ma raramente vengono messi in prima pagina con tanto di nomi dei colpevoli, altri centinaia di fatti testimoniano la connivenza di chi costituisce l’apparato carcere, dal direttore e i segretari, per passare agli assistenti sociali e finire con medici e personale sanitario. Sembra ancora più dura riuscire a far conoscere a chiunque cosa è il carcere, se non quando i detenuti stessi decidono di chiedere di più e usare i mezzi più consoni per prendersi ciò che vogliono.

Anche in questo caso i giornali locali hanno dato visibilità al carcere di Massama che viene pubblicamente definito una “discarica sociale”, dove i detenuti con patologie psichiatriche sono numerosi e costantemente sedati, non è possibile partecipare a nessuna attività (perché non ce ne sono). La situazione è emersa a seguito di una lettera firmata da 160 detenuti destinata alla Cartabia, risale a questo Settembre e riporta gli stessi problemi di cui si parla dal 2012.

In questa lettera si minacciava uno sciopero della fame e della sete per una situazione che il direttore non vuole sbloccare: celle sovraffollate, lavatrici e asciugatrici rotte, le docce non funzionanti, difficoltà per acquistare beni fuori dal carcere e il sopravvitto carissimo. Come se non bastasse quest’estate le celle hanno raggiunto i 50 gradi e il direttore non ha autorizzato l’acquisto dei ventilatori. Per ora è stata inviata una lettera, ma i detenuti hanno dato l’ultimatum del 10 novembre per risolvere questa situazione, se ciò non accadrà porteranno avanti vari tipi di protesta con un’intensità crescente, fino ad arrivare allo sciopero della fame e della sete.

Non sappiamo ancora cosa accadrà il 10 Novembre, ma il fatto che i detenuti di Massama non abbiamo intenzione di aspettare ancora e minaccino altre proteste diventa importante se inserito nella realtà delle carceri sarde dove da tempo non si muove molto.

Da Uta è arrivata una lettera con vari documenti che descrivono minuziosamente le varie problematiche riscontrate dai detenuti. Questa è l’ennesima dimostrazione di quanto faccia schifo il carcere e di come non si tratti di tristi eccezioni.

Qui sotto riportiamo le problematiche riferite:

  • la vigilanza dinamica, pur essendo ufficialmente in vigore, non viene applicata: le celle sono aperte dalle 8 alle 20 solo per i lavoranti;

I detenuti hanno fatto una media dei ritardi continui della Magistratura di Sorveglianza di Cagliari nel rispondere alle pratiche riferite a:

  • liberazione anticipata, media 35 giorni per ricevere risposta;
  • permessi premio, media 5 mesi;
  • affidamento, media 6 mesi;
  • domiciliari, media 6 mesi;
  • colloquio con un Magistrato, media 2 mesi;
  • ricorso al Tribunale di Sorveglianza, 6 mesi;
  • reclami presentati alla Magistratura di Sorveglianza risultano perlopiù senza risposta tanto da non poter fare una media.

Questa dilatazione delle tempistiche necessarie per ottenere tali autorizzazioni dimostra la scelta della Magistratura di Cagliari di tenere i detenuti nelle celle più tempo possibile. A rendere ancora più difficile la condizione detentiva c’è la mancanza della nomina del Garante dei Detenuti per il carcere di Uta.

Ovviamente non finisce qui, nella lettera si ritrovano disagi riferiti alla struttura del carcere, simili, se non uguali, a quelli di Oristano:

  • centro clinico privo di finestre, presenti solo vasistas senza scuri;
  • finestre prive di guarnizioni, i detenuti sono soggetti agli spifferi e alla pioggia;
  • nei bagni delle celle non ci sono bidet, diversamente da quanto dichiarato dal direttore alla magistratura di sorveglianza;
  • sovraffollamento delle celle;
  • l’acqua calda viene erogata solo in certi orari a causa dell’utilizzo dei pannelli solari;
  • il cortile non è accessibile ai detenuti anziani, con patologie ossee, o invalidi, per mancanza di posti a sedere.

Simili a Oristano sono anche le lamentele sulle attività trattamentali:

  • con il Covid sono state tutte sospese;
  • possibile frequentare la biblioteca un’ora per sezione;
  • chiusura della sala in cui erano presenti 10 pc collegati a una rete interna;
  • il teatro è chiuso.

Sono ricorrenti anche le problematiche relative al sopravvitto:

  • alcuni beni alimentari hanno visto un rialzo di prezzi (come il pomodoro insalataro che passa da 1,99 al chilo a 2,99)
  • l’acquisto dell’acqua è contingentato, il prezzo per una confezione di acqua minerale è di 2,46. Questo fatto risulta ancora più grave dato che l’acqua che scorre nelle tubature del carcere non è potabile.
  • Non è possibile l’acquisto di farina e lievito
  • Non sono venduti i quotidiani a prezzi più economici (Il Sole 24 Ore, Milano Finanza, Italia Oggi)

Altre problematiche:

  • le ricevute e le raccomandate non vengono consegnate;
  • serie difficoltà nel chiamare per prenotare i colloqui;
  • non vengono consegnati gli scontrini dei medicinali che permetterebbero una detrazione fiscale;
  • non vengono consegnati i Cd allegati alle riviste o ai testi;
  • il montacarichi viene utilizzato per lo spostamento della spazzatura, per i carrelli portavitto e per le barelle dei malati.

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