Pubblichiamo qui di seguito un contributo inviatoci in vista del corteo a Teulada del 1 Novembre e delle prossime mobilitazioni autunnali contro l’occupazione militare.

Una lotta più grande, qualcosa per cui battersi

L’autunno 2021 sembra essere iniziato con uno spirito differente dagli ultimi, dall’iniziativa come quella del Limbara ad una ritrovata propositività e vitalità nei percorsi, sembra che i presupposti per poter rilanciare le lotte in Sardegna siano positivi.

Alla disponibilità pratica crediamo serva sempre affiancare uno sforzo di lettura teorica, un’analisi delle lotte, del contesto, delle prospettive, in breve della fase.

Seppur non saranno queste poche righe a sviscerare la fase attuale, è per noi importante dire qualcosa che ci sta a cuore.

Crediamo che i vari tentativi di indorare la pillola, di lobotomizzare le persone con tecnologia e coprifuoco vari, di comprare il silenzio con sussidi, RdC e le varie forme di assistenzialismo, riescano a nascondere, ma assolutamente non a eliminare le logiche di sfruttamento che viviamo in Sardegna, le stesse riscontrabili in altre regioni meridionali dello Stato italiano: uno sfruttamento di stampo coloniale.

La condizione di subalternità nelle quali alcune porzioni di Stato vengono sistematicamente relegate è sempre più condizione necessaria affinché le “locomotive del paese” continuino a sbuffare vapore nell’avanzata mortale del capitalismo.

Dal finto mito della green energy (forse sarebbe meglio chiamarla green economy), alla monocoltura turistica, all’occupazione militare, vecchie e nuove forme di sfruttamento si compenetrano imponendo alla Sardegna, e non solo, un ruolo di batteria energetica, di immensa spiaggia mercificabile, di enorme poligono a cielo aperto e così via, in poche parole: una colonia.

Gli esempi che la rendono tale sono vari e numerosi: dai siti candidati a diventare il deposito unico delle scorie delle ex centrali nucleari, alle carceri speciali, dalle schiavitù industriali, arrivando alla miseria in cui versa l’apparato sanitario, tutto è di fronte ai nostri occhi.

La stratificazione secolare del colonialismo, imposto dalle varie dominazioni nel corso dei secoli, probabilmente altera la nostra percezione sull’entità di questo fenomeno, rendendolo spesso normalizzato o addirittura accettabile. Eppure l’uso e il consumo delle risorse umane e naturali è sempre più evidente, dai lavoratori stagionali in nero e sottopagati, alla devastazione dei mari e delle terre per fini commerciali, tutte risorse che ingrossano i profitti dei ricchi imprenditori stranieri o della locale classe compradora, spalleggiati dalle varie giunte regionali.

L’occupazione militare rappresenta forse l’aspetto più evidente della logica coloniale che la Sardegna ha subito nell’ultimo secolo.

Contro di essa – e altri nemici – abbiamo già lottato, hanno lottato altri e altre in tanti modi diversi.

Dalle esperienze di ieri vorremmo provare a raccogliere e attualizzare un orizzonte delle lotte che ci è mancato nel passato recente, quello della liberazione e dell’autodeterminazione.

Sentiamo la necessità di rilanciare un modo diverso di vivere, interpretare e speriamo condividere, queste giornate e questa lotta. Sentiamo forte la necessità di dire che tagliare un pezzo di rete o fermare un’esercitazione è per noi un piccolo passo in più verso la liberazione di un territorio.

Per anni questi concetti ci sono sfuggiti tra le mani pur lottando contro chi e cosa ci opprimeva, non riuscendo a riconoscere le connessioni tra le varie forme di sfruttamento che si insediavano o rafforzavano nella nostra isola.

Potrebbe sembrare un futile capriccio teorico, e possiamo anche accogliere questa critica, ma ad esso noi aggiungiamo la nostra tensione, che solo teorica non è.

Troppo spesso ci siamo fermati ai NO, perdendoci la grinta che invece i sogni e le ambizioni regalano alle lotte e a chi le vive. Affrontare i temi a settori, come se non fossero parte della stessa logica, è un errore che non vogliamo commettere ancora. Sentiamo quindi la necessità di un orizzonte più ampio: una visione d’insieme dell’opposizione e della lotta che poi diventa il trampolino per creare collettivamente un sogno.

Auspichiamo che in futuro le varie pratiche di lotta possano riconoscersi nel filo conduttore che unisce tutti i tipi di sfruttamento specifico, per essere più incisivi e finalmente rendere più ostile una terra fin troppo martoriata.

Se per noi il colonialismo è la forma più evidente con cui lo Stato Italiano ci opprime, la liberazione e l’autodeterminazione sono l’orizzonte per cui vale la pena lottare.

Kontra sa prepotentzia de s’istadu, feus kumente s’ortigu.

L. M. R.

Sardinnia, 2021