Considerazioni a puntate su colonialismo, subalternità e indipendentismo nell’era della pandemia

Dopo un anno e mezzo di pandemia ci ritroviamo con la necessità di provare ad analizzare alcuni aspetti di quanto accaduto e delle conseguenze che stiamo vivendo e subendo. Se anche non ci aspettavamo assolutamente di vivere l’esperienza della pandemia, a oggi siamo più che mai convinti che non si sia trattato di una sorpresa o di sfortuna, ma che crisi di vario tipo siano strutturali e fortemente prevedibili all’interno delle logiche di sfruttamento umano e ambientale del capitalismo.

Le analisi a tal proposito non mancano, differentemente da altri abbiamo scelto di non partire dalla questione sanitaria, ma da quella sociale, di cui la sanitaria ovviamente è parte.

Questa scelta nasce da una serie di riscontri diretti che ci hanno fatto drizzare le orecchie, e da nostre propensioni e interessi più vicini alle questioni sociali che a quelle scientifico-sanitarie.

Dal cuore del Mar Mediterraneo non abbiamo ovviamente la possibilità – né la volontà – di parlare per tutti, parleremo di noi innanzitutto e del contesto che ci circonda, il sud Sardegna.

Ci sembra che tra i caratteri maggiormente emersi negli ultimi 18 mesi ci siano quelli della subalternità e del colonialismo. L’aspetto che cercheremo di sviscerare nelle varie puntate di questo articolo, è che seppur questi caratteri siano da ritenere storici, in questo periodo si stiano presentando con delle varianti innovative, subdole in alcuni casi, evidentissime in altri.

Questo non ha evitato purtroppo che lo Stato stia facendo il pieno di fiducia e complicità, raggiungendo dei livelli mai visti negli ultimi vent’anni. La retorica comunicativa usata è riuscita a creare una pressione tale da far smettere di pensare enormi fette di popolazione, che pur di ritornare alla “normalità” hanno accettato di tutto, arrivando ad esempio a dimenticarsi delle vergognose politiche statali in materia di sanità o istruzione pubblica, permettendo ora al governo di farsi santo riparando alle stesse debolezze di cui era stato carnefice responsabile. Ma non tutto va così.

La percezione che tra chiusure, DAD, green pass eccetera, abbiamo subito un ulteriore giro di vite di una generale oppressione, è a nostro parere più diffusa di quello che la pacificazione sociale da a vedere.

Preoccupati e distanti dal diffondersi più o meno silenzioso di tesi complottiste, di opposizioni prive di prospettive, ci stiamo guardando intorno per capire quanto sia vero che la condizione imposta dalle misure anticovid stia rinfocolando alcune tensioni sociali. Vicino a noi sentiamo scaldarsi alcune braci indipendentiste e nazionaliste. La tensione che le anima è di natura reazionaria o di liberazione? Ma non solo, alcuni flussi sociali e economici hanno imposto un ricollocamento di energie e investimenti. Da queste novità potrebbero nascere resistenze impreviste?

Siamo consci di approcciare un tema e un lavoro molto ambizioso, ma ci vogliamo almeno provare, il rischio di sbagliare un’analisi in un momento in cui il mondo gira così veloce ci sembra minore di quello di star zitti e girarsi dall’altra parte.

Due penne di Maistrali