Da alcuni capitoli de “La Q di Qomplotto”

Su internet è possibile trovare ogni tipo di testo sull’ampio tema dell’emergenza Covid; dalla gestione governativa ai vaccini, dal Green Pass a tutte gli argomenti correlati. L’analisi proposta da Wu Ming 1, non ha l’ambizione di parlare di tutto questo, ma riesce comunque a dare importanti spunti di riflessione sul tema. Uno di questi è quello a proposito della comunicazione imposta ed acquisita, che in questo ultimo anno e mezzo ci ha accompagnato assieme alla pandemia. Proprio mentre si sentono strombazzare le tv, i giornali e la maggior parte dei mezzi di informazione contro i terribili No Vax, questi capitoli aprono delle finestre su vari argomenti; non solo sulla comunicazione governativa, infatti è altrettanto interessante la riflessione sulla comunicazione opposta al governo e alle sue misure, quella che vediamo chiaramente espressa nelle piazze eterogenee come quelle contro il Green Pass.

E’ un opposizione variegata, che arriva dopo quasi un anno e mezzo di totale silenzio dalle strade, escludendo le sporadiche proteste per l’inizio del coprifuoco. In tutti questi mesi il silenzio della sinistra o, ancora peggio, la sua aderenza totale alle imposizioni governative, ha lasciato un vuoto enorme in chi cercava spiegazioni logiche, certezze o anche solo delle radici a cui aggrapparsi

A partire da questo silenzio o, consenso, sarebbe fin troppo semplice liquidare queste proteste come dirette dalla destra, dai fascisti o monopolio dei complottisti, quel che è certo è che vi appartengono anche queste componenti, assieme ad altre che non possono esaurirsi in queste definizioni. Altrettanto facile è barricarci dietro la purezza tipica della sinistra contemporanea, non provando a conoscere e analizzare tra le varie tipologie di persone, etichettandole senza essere capaci di spiegare non solo queste piazze, ma anche le nostre riflessioni sul tema.

Questa è la contraddizione che si vive più intensamente negli ambienti “di compagni”, nel senso generale del termine. Ovvero il ritrovarsi in piazze molto partecipate dal ceto medio, al lavoro, all’università, e doversi confrontare con due antipodi, chi spara appellativi e sentenze sulla base delle critiche mosse e chi invece utilizza le teorie più astruse per spiegarsi determinati avvenimenti o la sua opposizione. Il problema rimane la difficoltà di rapportarci con determinati tipi di persone (a ragione, dato le connotazioni reazionarie delle tesi complottiste, come di quelle acriticamente filogovernative) e, allo stesso tempo, l’accontentarsi di etichette facili (no mask, negazionista, no vax…) che, come boomerang, ci investono subdolamente, rimanendoci appiccicati se proviamo a esprimere anche solo dubbi e critiche rispetto alla questione vaccini, Green Pass e via dicendo.

In questi capitoli si inserisce uno sviscerare dei vari complottismi, i quali pur essendo funzionali al sistema, in alcuni casi portano dentro di sé un’osservazione di alcuni problemi reali. Per fare un esempio, molte delle teorie fiorite durante la pandemia, sottolineano un ruolo chiave di alcuni potenti del pianeta (il tormentone sono Bill e Melinda Gates, Soros e altri) e, per quanto siano un susseguirsi di fantasie, è innegabile ci azzecchino rispetto all’importanza di tali figure nella gestione finanziaria e sociale.

“Ogni fantasia di complotto sulla medicina e su «Big Pharma», prima di compiere il balzo verso il non credibile, era partita dall’innegabile: il rapporto sempre più stretto tra ricerca e mercato, la sottomissione della scienza medica al capitale, una sanità sempre più spersonalizzante, fatta più di procedure che di relazioni… Chi, disperato per una grave malattia o preoccupato per la salute dei propri cari, cercava relazione umana senza riuscire a trovarla, fatalmente si rivolgeva a chi gliel’offriva.” (cap.19, pag. 316)

Il tema che rende interessante questi capitoli è il paragonare, anziché contrapporre, i discorsi governativi a quelli complottisti, evidenziando come entrambi abbiano lo stesso fine: spostare l’attenzione su tutto quello che non mette in discussione il modello capitalista.

Emergono a partire da questi spunti, varie riflessioni sul linguaggio emergenziale utilizzato e su come questo sia stato utile a trovare sempre nuovi colpevoli su cui scaricare la propria rabbia (il passeggiatore, il negazionista, il no mask, il no vax, etc..), termini che sembrano tanto innocui da essere stati assorbiti anche dalla maggior parte della sinistra extraparlamentare, proprio con un significato degradante e accusatorio.

Quindi le nostre riflessioni e il nostro discorso, inteso quale analisi e riflessione dialettica, fanno una doppia fatica ad emergere, non solo devono smarcarsi dalle definizioni e dalle letture imperanti, ma pure distinguersi a sufficienza dai deliri complottisti. E’ diventato necessario da marzo 2020 superare il paradigma del “o con noi o con loro”, quello che ha fatto della Scienza una fede, annichilendo qualunque proposito di discussione e scambio, senza pretesa di verità. Dovrebbero essere esemplari riguardo al dogmatismo su cui si è focalizzata la divulgazione scientifica, le miriadi di marce indietro, cambi di percorso e ordini rimangiati che hanno caratterizzato questi tempi. Partendo dalla proibizione delle autopsie, alla chiusura in casa, passando per il coprifuoco, per arrivare a tutte le contraddizioni interne al funzionamento del green pass stesso (che non sarebbe certo migliore anche se fossero risolte). Diventa necessario superare la definizione di persone irresponsabili, che tanti hanno interiorizzato, cadendo nella totale paranoia della malattia, causando una difficoltà nella comprensione del reale che ci ha portato a non opporci a niente di tutto quello che è cambiato.

“Le narrazioni dall’alto erano spin, giravolte di propaganda, supercazzole con cui la classe dirigente allontanava da sé ogni colpa passata e presente. A dispetto del facile motto «Nulla sarà più come prima», l’emergenza prolungava i fili del prima, esacerbava disuguaglianze che già c’erano, faceva pagare la nuova crisi a chi aveva pagato le precedenti. Il tutto mentre politici e capitalisti – cioè i responsabili dello stato in cui
la pandemia aveva trovato i nostri sistemi sanitari e le nostre società – dicevano «dobbiamo restare uniti», «da questo difficile momento usciremo insieme», ecc.

Le narrazioni dal basso erano in gran parte fantasie di complotto. Fin da subito una parte non trascurabile di opinione pubblica aveva sospettato dei media, intuìto che i governi non la raccontavano giusta, concluso che troppe cose non quadravano. A intercettare dubbi e malcontento non erano stati movimenti anticapitalisti. Per vari motivi, era arrivato prima il cospirazionismo” (cap. 18, pag 304)

Se qualcuno ancora ha chiaro che a salvarci da questa e dalle future malattie prodotte dal capitalismo non saranno i vaccini, né, nella migliore delle ipotesi, una ristrutturazione profonda della sanità pubblica, sarebbe anche necessario superare il terrore della morte per Covid (con tutto il rispetto per i morti e i loro familiari), per ricordarci di che altre maniere orribili si può morire in questa società e quali sono i colpevoli (abbiamo a fianco la Saras che ci può suggerire qualcosa). Da questo si potrebbe partire per ridefinire cosa intendiamo noi per salute, non quella che sta a cuore a Burioni e i suoi simili tra una comparsata in TV e un tweet, ma una salute che non può essere scissa da una società e un’economia differente.

Solo dopo molti di questi passaggi, che certamente in quanto compagni siamo ancora ben lontani da calcare (almeno in Sardegna), potremmo arrivare a una messa in discussione coerente, con delle tesi di lettura sulla realtà e sui suoi numerosi aspetti, da proporre e da scambiare con chi ci confrontiamo e riteniamo complice.

In questi capitoli è da sottolineare una sorta di piccola cronistoria di quelli che sono stati i 3 mesi di confinamento del 2020, per passare alle zone colorate, con qualche spunto di riflessione:

“La disponibilità delle tecnologie digitali e dei social network aveva aiutato a occultare le contraddizioni. Senza la rete mezza popolazione italiana non avrebbe accettato di stare relegata in casa, i genitori non avrebbero accettato di recludere senza scadenza i propri bambini. Ma c’era di più: ormai si governava via Facebook. I Dpcm erano annunciati in apposite dirette su Facebook e la comunicazione di governatori e sindaci avveniva prevalentemente su Facebook a scapito di siti ufficiali e canali istituzionali. L’esercizio di funzioni pubbliche avveniva su una piattaforma privata, di proprietà di una multinazionale americana, delle cui prassi di data mining e violazioni della privacy i governanti era‑no succubi e complici. Il fatto che i poteri pubblici procedessero in modo cialtronesco e improvvisato, regolandosi sui like che prendevano sui social e sul successo virale dei video in cui davano i loro annunci, non impediva affatto di cogliere la funzionalità sistemica di quell’emergenza. […]

E guarda caso quasi ogni provvedimento preso finiva per fare gli interessi delle grandi piattaforme: la didattica on line se l’era presa Google, la cui penetrazione nella scuola pubblica – per mezzo della suite Classroom e dell’offerta di servizi di email – era cominciata da prima e aveva già innescato dinamiche di privatizzazione strisciante. Il commercio era stato praticamente appaltato ad Amazon, che nel corso del 2020 aveva aumentato i propri profitti dell’ottantaquattro per cento. Per due mesi ci avevano chiusi in casa, e anche in seguito avevano continuato a raccomandarci di stare in casa, dove fatalmente si passava il tempo a produrre ancora più big data. Anche importanti settori del capitalismo italiano traevano vantaggi dal ripiegamento domestico. Il grande padronato era stato anti‑«lockdown» a febbraio, quando aveva temuto che venissero chiuse le aziende. Svanito quel timore, era diventato entusiasticamente pro‑reclusione.” (cap. 21, pag. 358-359)

I capitoli in questione, appartenenti a una ricerca più ampia riferita alle “fantasie di complotto”, come le definisce Wu Ming 1, non possono essere esaustivi, ma hanno il merito di inserire le spiegazioni e le giustificazioni “dall’alto e dal basso” in una cornice che le affianca alle numerose teorie emerse negli ultimi 30 anni circa. Forse pare azzardato, ma come già detto, permette di focalizzarci sulle modalità comunicative in modo da cercare il grimaldello con cui scardinare questi discorsi.

Comunque questo tipo di tesi non può esaurirsi nella presa di coscienza del reale, perché ciò che fa sentire ancora più forte la propria mancanza è proprio il dibattito e anche solo l’immaginazione su una società differente in cui ci rispecchiamo. Forse anche per questo non siamo stati capaci di proporre, alternative su ciò in cui potevamo incidere, il che non ha facilitato il rifiuto delle norme e delle soluzioni governative.

Perché pubblicare questo consiglio di lettura? In parte potrebbe chiarire alcuni dei problemi irrisolti che ci hanno portato a chiuderci a riccio nei confronti di questa pandemia, togliendoci la possibilità di uno scambio profondo e duraturo anche con le persone a noi più vicine. In parte perché di fronte a una tale colpevolizzazione del dissenso, in ogni sua forma, risulta ancora più difficile elaborare e mostrare coerentemente il perché non ci riconosciamo in nessuna delle scelte governative, né nelle spiegazioni che vengono date ai fatti dall’ultimo anno e mezzo.

Si torna sempre al punto di partenza, quello di Marzo 2020, quando si provano a smontare alcuni discorsi o comportamenti “Ma sei uno scienziato? Allora che ne sai? Facciamo così perché ce lo dicono i medici” giustificazioni che dietro si portano una profonda infantilizzazione dell’individuo, nonché una semplificazione del reale, come se i medici e gli scienziati non avessero i loro sporchi interessi da difendere e in quanto affini, perlopiù, alla classe dominante, non siano mossi da amore per il prossimo. Inizialmente può essere utile non entrare nel vivo del discorso medico-scientifico, non solo perché servono competenze, ma anche perché è facile cadere in contraddizione. Diventa notevolmente più grave non dibattere di ciò che succede quando la medicina e la scienza sovrastano tutti gli altri campi, giustificando delle misure strettamente politiche e annullando qualunque voce dissenziente, pure tra gli scienziati/ medici stessi.

Oggi quello che lascia sgomenti è proprio che con il Green Pass viene meno qualsiasi discorso sanitario e si arrivi a livelli inimmaginabili di ipocrisia. Dato che sono noti i dibattiti intorno al funzionamento del vaccino, è nota l’imposizione che se ne sta facendo, salta all’occhio la totale arbitrarietà nei criteri di applicazione del pass. Sarebbe opportuno non farci nuovamente schiacciare dai discorsi para-scientifici (fatti perlopiù da “laici” proprio come noi), dalle fazioni, ma capire quali sono gli spazi di opposizione e di proposta.

Lasciare ricadere la scelta, dell’acquisizione e dell’utilizzo del Green Pass, tutta sulle spalle del singolo, non servirà sicuramente a combatterlo. Ugualmente il suo non utilizzo, anche se in maniera solidale verso chi decide di non farselo, non può incidere nell’enorme ricatto lavorativo e culturale a cui si è sottoposti, per cui risulta stringente organizzarsi, discutere e capire cosa fare. Da fare ce n’è sicuramente molto, dalla difesa dei licenziamenti o sospensioni di varia natura, a richieste più istituzionali, ma in questo momento sarà anche necessario darsi delle alternative di vita, socialità, apprendimento e altro.

Ciò che rimane in tutta questa confusione è la tragica certezza che siamo parecchi metri indietro, questo testo, per esempio, risulta inutile per parlare di obbligo vaccinale, proposto nelle ultime settimane, e di come contrastarlo.

Nonostante questo, da qualche parte bisogna iniziare quindi buona lettura.

Il link dei capitoli citati: https://www.wumingfoundation.com/La_Q_di_Qomplotto-In-viro-veritas.pdf

Pång ràss