Un anno fa iniziava a infuriare la rivolta corsa, a sette giorni dall’aggressione di Yvan Colonna le strade di Corti erano appena state invase dalla rabbia del popolo corso e dal fuoco delle molotov.

Nei giorni e nelle settimane a seguire verranno colpiti tribunali, prefetture e molti altri simboli dello stato francese, e migliaia di corsi parteciperanno con entusiasmo e determinazione a questa pagina della lotta di liberazione nazionale corsa.

Un anno dopo la situazione sembra tornata a un’apparente normalità, non vi sono più state grandi manifestazioni di piazza, ma se non vi è un conflitto palese, ciò che arde nelle notti e nei cuori è forte.

Quest’ultimo anno ha visto un nuovo intensificarsi della lotta clandestina, da poco è emersa una nuova sigla, GCC, Ghjuventù Clandestina Corsa che ha rivendicato una ventina di attacchi fatti nei mesi precedenti principalmente contro la speculazione e la devastazione cementifera dell’industria turistica, a fianco di questo gruppo non mancano gruppi storici e fatti isolati non rivendicati, anche di notevole entità, come l’attacco alla caserma della gendarmerie di Pietrosella, avvenuto qualche mese fa a colpi di arma da fuoco.

Sul piano istituzionale il tavolo di trattativa tra il governo Simeoni e il ministro Darmanin apparentemente prosegue ma nella sostanza non vi è alcuna novità, e anzi pare evidente che lo stato francese non voglia fare alcun passo neanche verso l’autonomia.

Questa situazione e questa forzatura che lo stato francese sceglie di fare scalda gli animi, anche di quelli che nell’ultimo decennio hanno pensato che la deposizione delle armi dell’FLNC (almeno di uno dei canali) del 2014, e le vittorie elettorali, prima parziali e poi totali, potessero veramente creare i presupposti di una trattativa reale almeno per l’ottenimento di un’autonomia.

Pochi giorni fa l’ex governatore Talamoni, tutt’ora figura molto importante del nazionalismo corso, in un incontro della Ghjuventù indipendentista ha detto a chiare lettere che è tornato il tempo della lotta, che se lo stato francese non rispetta le sue stessi leggi e le sue stesse istituzioni, non sono tenuti neanche i corsi a farlo. Vedremo se la lotta riprenderà in questo mese così simbolico e così carico di pathos.

Intanto negli ultimi due mesi sono arrivate due notizie che senza la lotta dell’anno scorso il movimento di liberazione nazionale corso forse non avrebbe mai vissuto. Il 31 gennaio è stata concessa la semilibertà a Pierre Alessandri e dieci giorni fa a Alain Ferrandi.

Arrestati nel ‘99 per l’omicidio del prefetto Erignac furono ritenuti l’esecutore materiale e la mente del gruppo (i cosiddetti – dalla stampa – anonimi), dopo 23 anni l’anno scorso vennero trasferiti a Borgu- Bastia (come tentativo di calmare la situazione che stava sfuggendo di mano alle autorità francesi) dopo una lunghissima deportazione in molte carceri francesi sempre sottoposti al regime di DPS (detenuto particolarmente segnalato).

Se già il trasferimento dell’anno scorso ebbe il sapore di un grandissimo risultato, ottenuto dalla rabbia di strada della gioventù corsa che non dimenticava dei prigionieri arrestati prima ancora che molti di loro nascessero, la notizia della semilibertà è un risultato che va ben oltre la lotta corsa, che mostra una strada e un esempio che deve dare fiducia ovunque ci sia una lotta.