Un testo di Sardinnia Aresti in vista della manifestazione del 16 ottobre alla base di Capo Frasca:

Con piacere abbiamo assistito  alla maturazione di una collaborazione tra parti del movimento di liberazione nazionale corso e strutture/organizzazioni politiche sarde, e anche noi il 16 Ottobre parteciperemo alla manifestazione contro la base militare di Capo Frasca.

Crediamo che l’esempio di una lotta di liberazione come quella corsa, che si è saputa articolare per decenni, sia uno dei fenomeni da cui può essere più interessante attingere stimoli e suggestioni, senza ovviamente far finta che non esistano problemi e contraddizioni.

Conosciamo la vitalità che quel contesto continua a saper esprimere, con un ricambio generazionale e una pluralità di pratiche da invidiare. Le rivolte primaverili legate alla morte di Yvan Colonna lo hanno dimostrato ampiamente: la questione dell’indipendenza rimane centrale per tanti corsi, giovani e meno giovani, e la disponibilità a lottare continua a covare, stimolata da una lunga tradizione di riscatto nazionalista.

Ci sembra positivo attivare una collaborazione con i corsi che parta dalla questione delle basi militari, per diversi motivi.

Se la lotta contro l’occupazione militare è stato l’ambito che abbiamo saputo mantenere più vivo nell’ultimo decennio, è anche vero che è necessaria una discussione o degli spunti che riescano ad ampliarne gli orizzonti, in modo tale da rinnovarsi nelle pratiche e nella partecipazione.

Inoltre non si può non fare i conti con la guerra in corso, che da una parte ci pone davanti ad un utilizzo intensivo delle basi e della nostra isola – l’esercitazione Mare Aperto e l’addestramento estivo ne sono un esempio – dall’altra ci apre delle questioni materiali non secondarie legate alla nostra vulnerabilità in quanto base NATO del Mediterraneo. Trovare e valorizzare delle collaborazioni internazionali può darci forza e stimolo, a partire dalla questione del Mediterraneo che in questo momento è al centro delle ridefinizioni geopolitiche che ne determineranno la sua importanza strategica, commerciale e militare.

L’influenza e lo stimolo derivanti dalla Corsica ci potrebbero anche aiutare ad affrontare uno dei problemi con il quale più spesso ci siamo scontrati parlando della lotta contro l’occupazione militare: superare la specificità della questione. Se i movimenti sociali – con i loro gruppi, collettivi e strutture – non sono stati capaci di allargare la questione ad una più ampia lotta di liberazione territoriale, partiti e organizzazioni indipendentiste si sono soffermati ad un approccio istituzionale ed elettorale, oppure non si sono interessati della questione se non per meri interessi politici. Nelle comunità costrette a farci i conti invece, i decenni di occupazione hanno ormai creato uno strato di accettazione passiva difficile da scardinare, anche davanti alle evidenze terribili che le basi pongono davanti agli occhi: quanto vale qualche posto di lavoro al fronte della terra sottratta all’agricoltura e la pastorizia, al fronte dei numeri di morti ed ammalati? Ricatto bello e buono, dimostrato anche dai dati sullo spopolamento nei paesi di Teulada e Perdasdefogu. Ciò nonostante, le basi non godono certamente di un’ accettazione totale, le famiglie degli ammalati che si sono schierate nel processo contro i generali di Teulada rappresentano quella parte di comunità esausta dell’occupazione, insieme alle migliaia di sarde e sardi che nell’ultimo decennio si sono ritrovate in piazza per contestare l’imposizione militare.

Crediamo sia giunto il momento di trovare un terreno comune, un punto d’incontro collettivo in cui si riescano a delineare delle questioni e delle linee guida condivise, all’interno delle quali ogni  sardo, individualmente o all’interno di un organizzazione, possa trovarsi a suo agio e modellare il suo agire di conseguenza.

Valorizzare le nostre diversità, delineando dei punti di riconoscenza comune e reciproca che ci facciano andare in una direzione quantomeno simile: la liberazione della nostra terra.

Se in questo momento non c’è una base abbastanza solida per dare vita ad un Movimento di Liberazione Sardo che sappia raccogliere al suo interno tutte le rivendicazioni e questioni di oppressione coloniale, dobbiamo perlomeno essere capaci di ritrovarci a partire da ciò per cui ci siamo battuti negli ultimi anni, le basi militari.

Una delle poche che nell’ultimo decennio, insieme alla mobilitazione dei pastori, ci ha fatto vivere quell’esperienza unica che solo la lotta può trasmettere: la forza di chi trova dei complici al proprio fianco con cui alzare la testa per affrontare l’imposizione e lo sfruttamento. Tutte emozioni che chi ha deciso di accettare a testa china non può conoscere.

Ci sembra questo un buon tentativo per testare la nostra capacità collettiva e per prepararci alle nuove sfide che si stanno delineando per il futuro. La capacità, nei prossimi anni, di opporsi all’assalto che lo Stato e le multinazionali dell’energia hanno deciso per la nostra terra, dipenderà anche dalla disponibilità a riconoscersi e lottare insieme, ognuno nella dimensione che preferisce. È proprio questa la sfida che a nostro parere dovremo cogliere dal contesto corso: trovarci su dei punti comuni e riconoscerci per l’impegno che vogliamo mettere nella liberazione della nostra terra, partendo da ciò che in questo momento ce lo permette, con la prospettiva di allargare pezzo per pezzo le questioni. 

Po una Sardinnia libera.

Per questi motivi il 16 Ottobre ci troverete a Capo Frasca.

Sardinnia Aresti