Per rilanciare le suggestioni e le discussioni suscitate dall’articolo Terra e libertade, pubblicato qualche tempo fa, pubblichiamo oggi la notizia di un’azione molto significativa avvenuta in Francia pochi giorni fa. Si tratta di un esproprio ai danni di un miliardario affarista in campo vinicolo.

Oltre all’azione in sé, di cui pubblichiamo a seguire il comunicato, è per noi molto interessante constatare e condividere come un certo tipo di azioni si stiano diffondendo in varie zone d’Europa, dopo che già in altre parti del mondo (centro e sud America in particolare) siano ormai divenute una prassi abituale.

Parliamo dell’occupazione di terreni o porzioni di territorio acquisite da multinazionali per speculazioni e sfruttamento, da parte degli abitanti di quegli stessi territori.

Questa pratica assume in questa fase storica valenze multiple, che infatti ne stanno permettendo la veloce diffusione e una partecipazione ampia e variegata.

Le chiusure e restrizioni sociali imposte nella gestione della pandemia, il carovita, un generale impoverimento e il crollo della società del wellfare, sono alcuni degli elementi che stanno portando le persone a soffrire sempre di più la vita nei contesti urbani medio grandi e conseguentemente a guardare ai contesti rurali non più come opzione bucolica o per un buen ritiro in attesa della vecchiaia, ma come necessità o ancora meglio come occasione per sfuggire ai controlli asfissianti delle città e sperare in una qualità della vita un po’ più alta.

Parallelamente l’avidità strutturale del capitalismo fa si che anche i contesti rurali – anche i più remoti – stiano subendo una velocissima antropizzazione votata alla speculazione, come nel caso della transizione energetica, delle monoculture, dell’allevamento intensivo, del turismo e così via.

Su questa campo quindi si sta giocando uno scontro che per certi versi si può definire nuovo, o comunque leggermente asimmetrico rispetto al recente passato per l’entrata in campo di nuovi fattori (a quelli prima citati aggiungiamo il cambio climatico) che cambiano il segno di alcune rivendicazioni.

Inoltre lo scontro di classe e la lotta per la difesa o la creazione di spazi di libertà è decisamente più equilibrato fuori dai contesti urbani, entro i quali la controparte ha ormai preso delle contromisure efficacissime non tanto a prevenire le esplosioni di rabbia e insofferenza, quanto a reprimerle e farle pagare a carissimo prezzo.

Anche attraversando questi problemi nascono nuove (o per certi versi vecchissime) forme di conflittualità.

In alcune zone del mondo dalle occupazioni dei territori sono nate vere e proprie comunità autonome, in grado di staccarsi completamente dai legami e dalle dipendenze con gli stati, qui in Europa questo pare difficile in questa fase, ma se il deterioramento delle garanzie istituzionali dovesse continuare a questa velocità non è prevedibile sapere quali e quanti nuovi scenari si apriranno.

Senza fare quindi l’apologia dello Zaddismo*, o peggio ancora del CentroSocialismo, pratiche che hanno sicuramente dato molto, ma che in questo momento riteniamo superate per troppi limiti intrinseci e non adattamento alle necessità contingenti, crediamo che queste pratiche di esproprio e riappropriazione possano essere momenti in cui ritrovare alcuni elementi molto importanti per le lotte che verranno: attaccamento al territorio, lotte sociali, lotte di classe, soddisfacimento dei bisogni primari, superamento delle lotte dei NO e creazione di spazi, temporanei o no, autogestiti e al di fuori dalle logiche capitalistiche. Un ultimo aspetto fondamentale è che questi interventi, stanti le difficoltà sociali nelle quali si trovano milioni di persone, potranno essere agiti non solo dai militanti, anzi, l’auspicio è proprio che sia un moto di massa teso a difendere ciò che ci resta dall’avidità capitalista e metterlo a frutto con un approccio mutualistico e condiviso.

Forse queste righe possono essere ritenute troppo ottimistiche e semplicistiche, ma da qualche parte bisognerà pur partire. Quello che è certo è che le condizioni perché certe pratiche si diffondano sono ormai un fatto sentito e riconosciuto. Spetta noi renderle realtà.

*Zaddismo, da ZAD, Zone A Defendre. La prima e più celebre ZAD fu quella nata sui terreni che avrebbero dovuto ospitare un aeroporto nei pressi di Nantes in Francia. Da quell’esperienza durata anni altre esperienze simili presero il nome e la sigla, creando poi lo zaddismo. Questa pratica seppur efficace e partecipata ha mostrato molti limiti che a nostro avviso ne impongono il superamento, riconoscendo però il grande stimolo e bagaglio di esperienza che ha generato.

Di seguito il comunicato sull’esproprio avvenuto in Francia:

Questa domenica mattina 300 persone hanno occupato un appezzamento di vigneti nel Var a ChateaudEsclans che è stato rilevato dal gruppo LVMH guidato dal miliardario Bernard Arnault. 
Due diversi gruppi si sono uniti ai piedi dei filari cantando “O Bernard Arnault, stiamo venendo a vendemmiare da te!” sulle note di un coro ribelle del movimento dei gilet gialli o “Bernard se solo sapessi, il tuo vino cosa ne facciamo”. Senza esitazioni! Beviamo, beviamo, alla rivoluzione!”.

Dopo la distribuzione di 200 cesoie, siamo passati direttamente dalle dichiarazioni di intenti all’azione e ci siamo messi a raccogliere i profitti degli speculatori senza ulteriori indugi! I gendarmi che avevano seguito il corteo, specificando invano che non eravamo autorizzati a entrare in terreni privati, e le “pacifiche” (sic) guardie di sicurezza di LVMH si sono allontanati. Dopo la rapida raccolta di 1,5 tonnellate di uva, abbiamo passeggiato tra i vigneti e poi lungo la strada che porta alla futura cantina lvmh, ancora in costruzione. Abbiamo poi utilizzato le presse e pigiato l’uva per ottenere più di 1000 litri di succo, che sono stati ridistribuiti ai partecipanti e a sostegno della ZAP di Pertuis, che è stata sfrattata ma è ancora in movimento per impedire la cementificazione di decine di ettari di terreno adibiti a orti. Quest’uva era inizialmente destinata da Bernard Arnault alla produzione dell’annata Whispering Angels. È in questa tenuta che il miliardario afferma con orgoglio di produrre il rosé più costoso del mondo. Ci siamo così ripresi la nostra parte di angeli e una piccola vendetta di classe che chiede di più.

Questa azione è stata la seconda – in pochi mesi – di Soulévement de la Terre e della Confédération paysanne sui vigneti ceduti alla speculazione. Il primo, nel Jura, a marzo, aveva riunito centinaia di persone per rilevare e ripulire un vigneto che un oscuro fondo di investimento aveva lasciato morire. (https://lessoulevementsdelaterre.org/…/dans-le-jura-600…). Anche i vigneti del Var sono preda di investitori che fanno lievitare il prezzo dei terreni e mettono il futuro del territorio sotto il controllo di grandi gruppi. Questo nuovo rilevamento fondiario mirava quindi ad agire contro la monopolizzazione dei terreni agricoli e la conseguente finanziarizzazione. Vi invitiamo a ripetere e moltiplicare queste iniziative in tutto il Paese per raccogliere i frutti dell’accaparramento delle terre e prelevare i soldi direttamente dai portafogli dei beneficiari dei jet-privati e dei campi da golf innaffiati quest’estate.
Questa azione inaugurale della quarta stagione di Soulévement de la Terre, che ha chiuso una due giorni di assemblee, sarà presto seguita da una mobilitazione nazionale per fermare il cantiere del nuovo mega-bacino che minaccia di iniziare ogni giorno a Saint-Soline, nel Deux-Sèvres, nonostante un’estate di siccità senza precedenti.

Occhio ai social network dell’#EarthRaisings, una riunione per aderire in massa sul territorio dovrebbe cadere nei prossimi giorni! #NonUnaBassinedePlus #FinishMovement – https://lessoulevementsdelaterre.org/…/pas-une-bassine…
La terra agli agricoltori e a coloro che se ne prendono cura! Accaparratori e speculatori, fuori dai nostri vigneti e dalle nostre vite!

da : Soulèvement de la Terre