Ricordi.

Il 15 luglio di trent’anni fa i sardi si svegliarono nel bel mezzo di una vera e propria invasione militare, era appena scattata l’operazione Forza Paris, fortemente voluta dalle istituzioni locali e non, per stroncare ciò che restava della storica resistenzialità, e per punire quell’avversione e insofferenza alle rappresentanze dello stato italiano.

4000 soldati occuparono varie zone dell’isola, la scusa era la ricerca di Farouk Kassam rapito in primavera, ma rilasciato tre giorni prima del varo dell’operazione.

Questa beffarda coincidenza smascherava lo stampo coloniale dell’operazione, l’esercito non servivano proprio a nulla se non a militarizzare ulteriormente la Sardegna. A mostrare i muscoli dello Stato.

Contro l’indesiderata presenza militare si scatenò una resistenza feroce, efficace e imprevedibile. In varie zone dell’isola il fuoco, i pallettoni e la dinamite fecero sentire la voce di chi non ne poteva più di soprusi e violenze. Nel giro di poco tempo fu proibito ai militari di uscire dalle tendopoli allestite nelle periferie dei paesi per paura che lo scontro subisse ulteriori impennate.

Dopo poco più di due mesi, a metà settembre, i militari si rimbarcarono verso lo stivale, si racconta che le giovani leve dopo due mesi di terrore sorridevano come dei bambini sul ponte della nave che lasciava il porto.

Risvegli.

Stamattina a trent’anni di distanza i muri del sud Sardegna si sono risvegliati con dei manifesti che ricordano i fatti appena raccontati, ma non con un’accezione storica o di trionfo, ma come un esempio, “una manera po lotai”, un ricordo che deve rimanere vivo poiché purtroppo dopo tre decenni non è cambiato nulla.

La Sardegna è sempre più la regione più militarizzata dello stato, le divise imperversano nel territorio e permeano la società, che gli riserva sempre meno ostilità, nonostante il loro ruolo sia sempre lo stesso.

Cani da guardia dei padroni, delle ville della costa Smeralda come dei grandi industriali, aguzzini delle carceri distribuite ovunque sull’isola, prepotenti nelle strade, nei paesi e nelle città, dove continuamente abusano del loro potere.

A questo si somma il ruolo sempre più inaccettabile che questo momento storico ci impone con la guerra in corso, cioè di essere una portaerei nel mediterraneo, punto d’appoggio fondamentale per le forze NATO.

Questi manifesti hanno accompagnato il risveglio di oggi, ma ci auguriamo e auspichiamo che un risveglio più generale attraversi la nostra terra e ci spinga a lottare per liberarla dalle oppressioni che subisce.