L’ANSA riporta la notizia che a Uta è iniziata la vaccinazione dei 550 detenuti, pare che un’altissima percentuale – circa il 95% – abbia dato assenso positivo all’inoculazione.
E’ interessante – a nostro avviso – vedere la reazione del mondo istituzionale a questo evento: il direttore del carcere cagliaritano, Marco Porcu, non perde occasione per fare propaganda sulla apparente gestione impeccabile dei protocolli covid che hanno permesso di evitare la nascita di focolai all’interno del carcere, delle sempre più frequenti morti per altre cause invece ovviamente non parla.
Maria Grazia Calligaris, da sempre impegnata nella tutela dei diritti dei detenuti, ovviamente esplode di gioia all’idea che finalmente anche i prigionieri avranno il diritto a vaccinarsi, c’è da chiedersi se i reclusi di Uta vedano e sentano la possibilità di vaccinarsi come una scelta o un obbligo.
Non per essere i soliti che vedono tutto male, ma crediamo che sia molto più forte la seconda possibilità, cioè che le condizioni di sovraffollamento delle celle, la non curanza delle guardie (sono diverse le testimonianze giunteci di guardie che non usano la mascherina, e non solo loro, vero direttore?) e le generali condizioni della sanità carceraria, rendano l’inoculazione del vaccino un obbligo per provare a salvarsi.

Ecco quindi ripetersi il solito teatrino da cui le istituzioni escono sempre a testa alta e i detenuti sono invece sempre nella posizione di non poter realmente scegliere.
Sarà interessante vedere se il vaccino almeno eviterà i 15 giorni di isolamento cui sono ora costretti i prigionieri che vengono trasferiti temporaneamente o anche solo per un processo.

In tutto questo non stiamo considerando la questione più ampia di questa enorme campagna vaccinale e delle sue ripercussioni dal punto di vista sanitario, sociale di inclusione ed esclusione, ma come tante volte il carcere fa storia a sé.

Concludiamo con un pensiero, l’anno scorso le rivolte di marzo furono innescate dal covid, dalle chiusure improvvise e dalla paura dei contagi, chissà se senza quella lotta i vaccini sarebbero arrivati così in fretta dietro le sbarre?