Riportiamo una notizia che abbiamo trovato sui giornali internazionali perché rende bene l’idea di come possano intrecciarsi diversi tipi di sfruttamento, in questo caso quello dell’ambiente e quello dei prigionieri, pronti ad essere utilizzati come umanità di scarto, sacrificabili in nome del guadagno di una grande azienda. Ciò che ci può sembrare lontano o che crediamo non ci riguardi perché non avviene a casa nostra dovrebbe in realtà preoccuparci. Il peggio è sempre dietro l’angolo.

Il 29 maggio 2020 vicino a Norilsk avviene un disastro ambientale nell’Artico.

Parliamo di 20 mila tonnellate di combustibile diesel e lubrificanti sversati in un fiume della Siberia dopo il collasso di una cisterna di un impianto del gigante tra i produttori di metalli, Norilsk Nickel, che si occupa di fornire una centrale elettrica.

Ci vorranno decenni, dicono, prima che si riesca a rimediare i danni.

A Norilsk-Talnakh ci sono i depositi di nichel-rame-palladio più grandi al mondo, formatisi 250 milioni di anni fa e, come se non bastasse, è la città più inquinata della Russia e tra le dieci città più inquinate della Terra. Le industrie di Norilsk emettono quasi 2 milioni di tonnellate di gas nell’atmosfera, tra i quali biossido di zolfo, responsabili di piogge acide che hanno devastato migliaia e migliaia di ettari di tundra, nonché responsabili del progressivo scioglimento dei ghiacciai.

Il nichel di Norilsk e l’inquinamento da metalli pesanti ha raggiunto dei livelli tali da indurre ad estrarre direttamente dal suolo superficiale poiché quest’ultimo ha ormai acquisito concentrazioni altamente elevate di platino e palladio.

Gli abitanti di quella zona hanno un’aspettativa di vita 10 anni inferiore alla popolazione russa.

La risposta dello Stato, a quasi un anno dal disastro, è semplice: i detenuti andranno a ripulire l’Artico dai danni causati dalle industrie. In mancanza di manodopera e dopo aver dovuto pagare una multa di 150 miliardi di rubli (1,7 miliardi di euro) la compagnia Norilsk Nickel con il Ministro delle Risorse Naturali, Alexander Kozlov, e Alexander Kalashnikov, direttore dei servizi federali penitenziari hanno trovato una soluzione efficace per tutti, senza troppi costi.

Si sta parlando di gulag, anche se così non vengono chiamati più, dove i detenuti sono costretti ai lavori forzati, una forma di lavoro non spontanea e non scelta in una zona rischiosa per la salute. Quale aspettativa di vita potranno avere questi reclusi? Morte? Svariate malattie? Verranno torturati se si oppongono? Un futuro orribile.

La città di Norilsk e le miniere di rame, nichel e palladio sono state costruite da reclusi di un gulag, Norillag, nel quale passarono più di 400.000 prigionieri e ne morirono più di 16.000. Proprio a Norillag ci fu una delle rivolte più grandi contro il sistema dei gulag che portò a centinaia di morti e feriti. La storia si ripete e, dopo decenni, firmando dei patti con gli esponenti più schifosi, la Russia costringe i prigionieri a “vivere o morire” in situazioni disumane.

Le proteste ci sono ma le notizie non escono. Facciamo sentire la nostra voce contro il sistema penitenziario e contro la devastazione del pianeta sia qui che altrove.