Pubblichiamo questo contributo uscito quasi due anni fa sulle pagine di NurKuntra che ripercorre momenti e aspetti significativi della rivolta corsa del 2022. Lo facciamo oggi nel giorno del secondo anniversario della morte di Yvan Colonna, storico militante nazionalista corso, la cui morte nelle patrie galere francesi innescò rabbia e fuoco in tutta la Corsica.
La rivolta corsa suscitò – giustamente – notevoli entusiasmi anche qui in Sardegna, seppur le due isole presentano differenze enormi era impossibile rimanere insensibili a un mese di notti di scontri, di grandi manifestazioni contro i simboli dello stato francese, di rivendicazioni di libertà e indipendenza da uno stato colonialista. Il protagonismo giovanile, la messa in discussione dei partiti autonomisti al governo regionale, la solidarietà popolare, l’incisività delle pratiche e tanti altri aspetti hanno fatto di quel mese un’esperienza assai stratificata da cui per molto tempo ancora si potrà attingere a livello di analisi e studio. Uno degli aspetti che a oggi emerge di più – purtroppo – è l’esaurirsi in modo quasi totale delle pratiche di massa di piazza (anche se proprio per oggi è previsto un presidio a Bastia per chiedere la libertà dei prigionieri politici) che erano state il motore dell’entusiasmo collettivo e la spinta per la ripresa della lotta clandestina storicamente diffusissima in Corsica, ma in crisi nell’ultimo decennio. Proprio quest’ultima negli ultimi due anni ha conosciuto un significativo rilancio, fatto di vecchie e nuove sigle, proprio fra quest’ultime una merita di essere nominata ed è la GCC (Gioventù Clandestina Corsa), che nei suoi comunicati di rivendicazione delle azioni sottolinea la necessità di una nuova fase dell’indipendentismo corso, dove la lotta clandestina ritrovi il suo ruolo affiancando una partecipazione pubblica e di massa, ritrovando i valori storici della lotta, persi a loro modo di vedere nelle derive elettorali (e di collusione con la malavita locale, la celebre mafia corsa) di alcuni gruppi e partiti. Anche il Fronte di Liberazione Nazionale Corso (FLNC) ha fatto il suo ritorno sulla scena pubblica con diverse azioni e anche alcune notti turchine (notti dove vengono contemporaneamente compiuti numerosi attentati, rivendicati poi tutti insieme a dimostrazione di incisività nell’agire e nel muoversi e di capillarità territoriale), ribadendo anch’esso la necessità di un ritorno all’impegno di base dei militanti e di dare fiducia alle nuove generazioni. Ad oggi uno dei risultati più importati della rivolta di due anni fa, oltre all’emersione di una nuova generazione di militanti è il ritorno in Corsica (prima in prigione e poi a casa) di Alain Ferrandi e Pierre Alessandri gli ultimi due prigionieri del commando Erignac, liberati (anche se in realtà stanno scontando con misure alternative) dalle carceri francesi letteralmente a furor di popolo.
Nonostante le sue enormi contraddizioni, la Corsica rimane uno dei territori europei più interessanti e più vivi dal punto di vista politico, dove un’intera popolazione vive – pur in forme di pesantissimo scontro interno – con molta intensità le sue sorti politiche e sociali.

Corsica, una rivolta che ci deve far pensare

Il marzo 2022 i corsi e la Corsica se lo ricorderanno a lungo.

La rivolta che ha infiammato tutta l’isola a partire dall’aggressione subita da Yvan Colonna nel carcere di Arles, ha riacceso le braci del nazionalismo corso, scrivendo una nuova pagina di questa lotta.

I caratteri emersi sono un interessante mix di aspetti storici e contemporanei, il protagonismo giovanile ha sparigliato il copione che sembrava già scritto, e cioè quello di una delega istituzionale delle rivendicazioni di autonomismo e indipendentismo.

Nelle ultime tornate elettorali infatti gli autonomisti hanno stravinto la gara delle urne, dando una concretizzazione istituzionale al consenso nazionalista costruito in cinquant’anni di lotte.

Questo risultato, culminato con il successo di Gilles Simeoni nel 2021, ma iniziato nel 2014, ha avuto il sapore agrodolce del riconoscimento istituzionale da una parte, ma del fallimento politico dall’altra:

lo Stato francese non ha concesso nulla.

Il presunto potere raggiunto dalla coalizione autonomista si è rivelato illusorio e foriero di divisioni e delusioni all’interno del movimento nazionalista, che lentamente ha perso forza e aggregazione.

La scelta di abbandonare quasi del tutto le lotte di piazza e quelle clandestine a favore della concertazione non ha dato i risultati sperati.

Questa conseguenza è stata ben riassunta dal capo politico di Core in fronte, che il giorno prima del corteo di Bastia ha dichiarato: “hanno ottenuto di più questi ragazzi in sette giorni di violenze che noi in sette anni di contrattazioni” (facendo riferimento alla concessione dello Stato francese di far rientrare in Corsica Ferrandi e Alessandri).

Questo mese di lotte ha rimesso in discussione rapporti di forza, abitudini, consuetudini, divisioni e orizzonti. Tutto questo non può che essere un enorme stimolo per chi come noi vive vicinissimo alla Corsica, e ancora di più per chi desidera trovare nuove o vecchie vie per liberarci da sfruttamento e oppressione, trovando un nuovo modo per vivere nella nostra terra.

Vedere migliaia e migliaia di persone riunite a manifestare sotto il grido di “Statu francese assassinu”, è indubbiamente un indicatore di una coesione sociale e una maturità politica che per noi è un sogno proibito anche solo da nominare. Queste stesse migliaia di persone sono quelle che applaudono i ragazzi col cagoul (passamontagna) che attraversano il corteo con casse piene di molotov in direzione degli sbirri o dei palazzi simbolo dello stato francese, e che non si allontanano quando gli scontri infiammano le strade e i lacrimogeni rendono irrespirabile l’aria. Quest’unione, che supera i partiti, i gruppi e in certi casi anche le ideologie ha una carica emotiva enorme, un portato collettivo che coinvolge dai più giovani ai più vecchi.

La diffusione delle pratiche, dalle più leggere alle più incisive, l’assunzione collettiva (anche delle figure istituzionali) di queste, una continua comunicazione pubblica basata su pochi concetti semplici e molto chiari, ma non per questo banali, sono elementi basilari di un contesto che si è infiammato e che non vuole spegnersi.

Alcuni aspetti del passato avevano evocato grandi preoccupazioni nei primi giorni di rivolta, in particolare alcuni sentimenti antiarabi da sempre presenti nel movimento nazionalista corso, si temeva che potessero prendere il sopravvento in un contesto in cui la scintilla era stata innescata da un prigioniero jihadista. Invece grazie alla posizione da subito presa dalla famiglia Colonna, e al fatto che nelle nuove generazioni si sono molto ridotte le divisioni e marginalizzazioni etniche, il problema non si è manifestato.

Detto velocemente di questi aspetti positivi ed entusiasmanti non è tutto oro quel che luccica, ma di sicuro da quest’esperienza possiamo trarre moltissime ispirazioni.

I mesi a venire diranno molto dei significati profondi di queste manifestazioni di rabbia, ma se anche il recupero istituzionale dovesse essere più efficace di quello che si pensa, alcuni punti rimarranno ben saldi nel patrimonio attuale della lotta per l’indipendenza corsa.

L’odio verso lo stato francese, la capacità di riconoscere il proprio nemico in varie forme, luoghi, figure e simboli, la capacità aggregativa e tanto altro possono essere anche per noi qui un po’ più a sud stimoli su cui imbastire ragionamenti e proposte.

Segue un racconto dei principali fatti di cronaca del mese di marzo.

Tra l’1 e il 3 Marzo era previsto lo svolgimento nella città di Corti di un convegno tra realtà indipendentiste di tutto il mondo chiamato “Scontri internaziunali” organizzato dalla Ghjuventù indipendentista (sindacato degli studenti universitari).

Il 2 Marzo arriva la notizia della brutale aggressione subita nel carcere di Arles da Yvan Colonna, militante nazionalista e indipendentista corso, che rimarrà in stato di morte cerebrale fino al decesso il 21. Da questo momento la Corsica si ferma, il clima cambia. Gli Scontri internaziunali vengono annullati, iniziano le veglie davanti alle prefetture e sottoprefetture di tutte le città corse, la Ghjuventù indipendentista chiama a Corti un’assemblea pubblica giovedì 3 Marzo, e in quella stessa mattina vengono bloccati gli ingressi delle università da tutti i gruppi/sindacati studenteschi. All’assemblea partecipano circa 500 persone, tra cui tutti i capi dei partiti autonomisti e indipendentisti, compreso il capo del governo regionale Gilles Simeoni e tutti i gruppi giovanili, di liceali e universitari. Ciò che emerge dall’assemblea è molto chiaro: bisogna organizzare una mobilitazione contro lo stato francese ritenuto unanimemente il responsabile dell’accaduto, questa mobilitazione dovrà essere guidata dai giovani e dovrà essere unitaria perché “prima dobbiamo fare la Corsica, poi potremo litigare tra di noi su come gestirla”.

L’assemblea lancia un corteo per domenica 6 a Corti, e poi si sposta verso la sottoprefettura per un presidio durante il quale alcuni giovani non appartenenti a sigle di partito daranno fuoco ai cancelli.

Il nemico responsabile viene visto da tutti nello Stato, cosa che dà un enorme sollievo alla componente della società che temeva iniziasse la caccia agli arabi (visto che l’aggressore materiale di Colonna era effettivamente un terrorista jihadista), nonostante alcuni giornali francesi e alcuni partiti di estrema destra francesi tentino di spostare il focus sulla questione religiosa.

La famiglia Colonna aveva chiesto di mantenere la calma, nei giorni successivi all’assemblea di Corti proseguono i presidi pacifici nelle piazze e sotto le prefetture; i lavoratori portuali organizzano dei blocchi ai porti di Ajaccio e Bastia, i liceali e gli universitari bloccano le scuole e le università.

Sabato 5 arriva la notizia della presenza di alcuni ufficiali della gendarmerie francese su una nave della “corsica ferries” che doveva attraccare al porto di Ajaccio, viene così organizzato un blocco che impedisce alla nave di attraccare (questo blocco è inserito nella chiamata all’”isola morta” lanciata dall’assemblea di Corti, che significa il blocco integrale – per quanto possibile – dei porti principali dell’isola).

Domenica 6 il corteo parte alle 14 dalla stazione dei treni di Corti per arrivare alla sottoprefettura, al concentramento non c’è l’ombra di una divisa (come del resto non c’era stata in tutti i giorni precedenti durante i blocchi e i presidi). L’aria è molto tesa e nessuno sa cosa aspettarsi. I discorsi al bar il giorno prima erano confusi, il momento storico che si sta vivendo non ha eguali e tutto è imprevedibile. Ci sono circa 10.000 persone, in testa gli studenti, striscioni che portano la scritta “Statu francese assassinu”, bandiere corse, bandiere dell’FLNC e con il viso stilizzato di Colonna. Qualche canto popolare, un unico coro “statu francese assassinu”, nessun intervento, nessun volantino. Non c’è niente da spiegare, non c’è bisogno di propaganda. Tutti sanno perché sono lì.

Il percorso del corteo è breve, alle 15.30 si è già a destinazione, la polizia ha bloccato la strada, il corpo speciale antisommossa è pronto dietro delle grate con camionette, lacrimogeni, idrante e granate stordenti. Arrivati alle grate non si perde tempo e non si fanno comizi. Il gruppetto dei giovani più intraprendenti corre inizia a tirare tutto ciò che ha a disposizione contro lo schieramento di forze di polizia che risponde con i lacrimogeni. La gente tossisce, per qualche momento arretra, poi si ferma si asciuga le lacrime e avanza di nuovo. Un gruppo di giovani si sposta e poi torna, trasportando buste piene di piene e cocktail molotov, sfilando di corsa in mezzo all’enorme corteo che lo fa passare tra gli applausi. La situazione va avanti così per 3 ore, i più giovani davanti e tutti gli altri dietro nonostante il copioso utilizzo di granate da parte della polizia che inizia a tirarle addosso alle persone, ci saranno circa 30 feriti.

Non succedeva da anni ed è il via libera definitivo all’espressione della rabbia. Da lunedì iniziano continui attacchi diffusi contro tutte le prefetture, ma non solo. Bruciano anche i palazzi di giustizia, le centrali della gendarmerie e le sedi degli istituti finanziari francesi.

Diventano sempre più violenti gli scontri con la polizia, che portano in una settimana al fermo di una trentina di persone, tutte di età compresa tra i 14 e i 25 anni e al ferimento grave di alcuni di questi.

La popolazione si schiera con i giovani corsi, una nuova rivendicazione si aggiunge alle proteste: l’immunità per tutti i fermati durante la mobilitazione. Si costituisce un collettivo di avvocati appositamente per la difesa dei giovani.

Tutte le sigle, partiti e sindacati, giovani e adulti, si uniscono in un unico collettivo e chiamano un altro corteo, domenica 13 a Bastia. La territorialità della pena non basta più come rivendicazione, ora ce ne sono altre: la liberazione dei prigionieri politici corsi, l’immunità per i fermati durante le proteste, l’assunzione di responsabilità per l’aggressione di Yvan Colonna, il riconoscimento del popolo corso, la definizione della questione istituzionale.

Domenica mattina la polizia trova e sequestra 300 molotov nascoste nella città di Bastia, ma non importa, a detta dei giornali nelle ore successive ne verranno comunque tirate almeno 450 contro la polizia e contro la prefettura di Bastia.

Ci sono ancora 10.000 persone, ma questa volta cosa succederà è chiaro a tutti. Il tratto da percorrere è molto breve, il corteo dura poco, ma la guerriglia urbana dura quasi 6 ore, sostenuta da tutti i presenti chi con un contributo attivo chi con un contributo di sostegno fatto di urla e presenza. Dopo questa giornata il governo Macron apre alla possibilità di una trattativa con il governo regionale.

Segue una settimana di presidi più rilassati, iniziano le occupazioni, gli autonomisti iniziano a tirarsi indietro mentre gli indipendentisti spingono per continuare. È la settimana della tattica, cosa conviene fare ora? Il tempo per decidere con lucidità, si sa, non basta mai; lunedì 21 Yvan muore in ospedale a Marsiglia. La famiglia chiede il rispetto del lutto, il 23 la salma fa rientro in Corsica. La notizia arriva alle 17 e alle 21 ad accoglierla all’aeroporto di Ajacciu ci sono almeno 2000 persone, mentre altri organizzano veglie in città.

Nei giorni successivi, ma specialmente nelle notti si intensificano gli attacchi, specialmente a strutture turistiche francesi.

Il 27 un gran numero di persone si ritrova fuori dalla caserma di Furiani dove il giorno del funerale di Yvan Colonna alcuni sbirri avevano festeggiato cantando la marsigliese, anche qui ore e ore di scontri.

Nei giorni successivi viene lanciato un altro grande corteo ad Ajacciu per il 3 aprile.

Migliaia di persone si ritrovano e il copione è lo stesso, scontri di ore e ore, la polizia francese è sempre più aggressiva e incattivita, i feriti sono decine.

Il 10 è il giorno del primo turno delle presidenziali francesi, quasi tutti i partiti indipendentisti e autonomisti invitano all’astensione, vota il 60% dei corsi, la Le Pen prende il 28%, Macron il 18. Alcuni dicono “questa non è la Corsica che conosco e che lotta”, altri “questa è la Corsica silenziosa”.

Al secondo turno vedremo come andrà, più di altre volte il risultato elettorale potrebbe avere influenza sulla lotta per l’indipendenza.

L’11 Ferrandi e Alessandri dopo più di vent’anni di detenzione in Francia vengono trasferiti nel carcere di Borgo, a Bastia.