La settimana scorsa un trafiletto dell’Unione Sarda riportava la notizia dell’accantonamento definitivo del progetto di installare una nave gasiera all’interno del porto industriale di Portovesme.

La scelta viene ricondotta a questioni tecniche, e cioè all’insufficiente pescaggio dello specchio di mare racchiuso dalle dighe foranee.

In parole povere c’è troppa poca profondità dentro il porto.

Non parliamo di qualche centimetro da di diversi metri che sarebbero dovuti essere dragati per permettere l’ingresso e l’ancoraggio della nave. Questi lavori che prevedono tempi lunghissimi e costi altissimi sono stati, a detta della giornalista il motivo fondamentale della rinuncia al progetto di trasformazione del porto sulcitano in un hub del gas.

Voci di tecnici non coinvolti nel progetto davano questa conclusione come sicura già molti mesi fa. I dubbi – che crediamo sia sempre lecito porsi – riguardano la natura più strettamente politica di queste scelte e di queste opere. Sappiamo bene che in Sardegna da anni la lobby del gas spera di veder finalmente realizzato “il sogno” della metanizzazione dell’isola, ma pare, purtroppo per loro, che proprio quando questo sarebbe potuto accadere (40 anni in ritardo rispetto alla penisola! Incredibile ma vero) il vento della transizione energetica stia soffiando molto più forte.

Ne sono prova innanzitutto le pressioni di Terna a Selargius e dintorni per far partire il primo e fondamentale progetto, la stazione da cui partirà il Thyrrenian Link. Ma anche le accelerate di alcuni progetti in centro Sardegna (Oristanese e Marmilla in particolare), che probabilmente prevedono l’apertura dei cantieri nei prossimi mesi.

Questa rinuncia quindi al progetto del gas a Portovesme può avere varie implicazioni, fra cui anche quella che forse il polo industriale stia virando verso dei progetti di conversione che non hanno bisogno del gas. In questi giorni tiene banco la proposta di Glencore di aprire un hub mondiale del riciclo delle Black mass, il comune di Portoscuso in merito ammicca e poi si tira indietro, assumendo la classica nonposizione per evitare polemiche. Da quelle parti le uniche voci che si alzano in favore di questo progetto sono gli strenui difensori del posto fisso ad ad ogni costo, gli stessi che in trent’anni hanno distrutto e inquinato quella parte di Sardegna e sarebbero pronti a rifarlo. Per fortuna i dubbiosi e contrari sono di più.

Nel frattempo il comune di Carloforte in pieno agosto ha firmato “l’agenda per la transizione energetica dell’Isola di San Pietro”, di cui per fortuna qualcuno si è accorto nonostante il caldo e i turisti, ma di cui nessuno ha capito il vero significato, anche perché l’amministrazione si è ben guardata dall’esplicitarlo. Sull’isola qualcosa si muove e lunedì prossimo il 28 agosto ci sarà un’assemblea pubblica sul tema della resistenza energetica, di cui qui sotto trovate la locandina e la chiamata.

Assemblea pubblica, Carloforte 28 agosto 2023. Ore 19, via XX settembre 26

La Sardegna si trova oggigiorno al centro degli interessi speculativi inerenti la cosiddetta transizione energetica. Decine se non centinaia di milioni di euro che le multinazionali – con l’esplicito appoggio delle principali istituzioni statali – vorrebbero investire per l’installazione di mastodontici campi eolici e fotovoltaici, a cui si aggiungerebbe l’infrastruttura necessaria all’accumulo e al trasporto dell’energia.

In questa fase non si intende esprimere un giudizio di valore sulla transizione energetica in sé, quanto piuttosto rivendicare il diritto di partecipare a processi decisionali che vanno a incidere sul nostro territorio, e quindi sulla qualità delle nostre vite. Riteniamo infatti che sia necessario impedire che il nostro territorio venga sventrato dalle nuove installazioni, per essere avviato verso modalità produttive che non sono condivise dalla maggioranza di coloro che ci vivono.

È noto che gli impianti previsti in Sardegna non andranno ad alimentare il fabbisogno locale (già ora la Sardegna produce più energia di quanta non ne consumi), così come è certo che tali installazioni non porteranno sconti in bolletta o nuove opportunità lavorative.

A ciò si aggiunga la scarsa trasparenza delle aziende coinvolte – a volte con la silenziosa e l’ipocrita complicità delle amministrazioni comunali – che spesso presentano i progetti alla cittadinanza quando l’iter burocratico previsto per la loro attuazione si trova già in fase avanzata, come successo alla vigilia di ferragosto in alcuni comuni dell’oristanese che hanno appreso che sul loro territorio verranno installate decine di pale eoliche. Lo stesso potrebbe accadere anche qui. https://www.linkoristano.it/2023/08/19/ecco-il-vostro-impianto-eolico-sorpresa-per-sei-comuni-delloristanese-alla-vigilia-di-ferragosto/

Pochi giorni fa, precisamente l’otto agosto, il comune di Carloforte ha approvato un documento intitolato “ l’agenda per la transizione energetica dell’isola di San Pietro”, un documento dal contenuto criptico e per nulla esplicativo di alcuni passaggi che sono di fondamentale importanza per il futuro della nostra isola.

Progetti simili stanno proliferando in tutto il Sulcis Iglesiente, e più in generale in tutta la Sardegna, senza che sia dato sapere il loro stato di avanzamento burocratico.

In tutta la Sardegna, per contro, stanno nascendo comitati di difesa territoriale. A tal proposito, la proposta di questa assemblea è quella di condividere informazioni, monitorare il territorio, sensibilizzare la popolazione con iniziative simili o di altra natura.

È con questo intento che invitiamo tutte e tutti a partecipare il 28 a Carloforte.