“Invasione militare”, “Sardegna circondata”: non sono semplici titoli di giornale dal gusto allarmistico, bensì una chiara fotografia di ciò che sta accadendo negli ultimi giorni nella nostra isola. Qualche settimana fa era stato reso noto che anche quest’anno si sarebbe svolta l’esercitazione militare “Mare Aperto 2022”. Si tratta di una delle maggiori esercitazioni fra quelle che si svolgono in Europa e che interessa i poligoni sardi, quest’anno è previsto l’utilizzo di 65 navi da guerra e 4000 soldati in tutto il Mediterraneo, dal 3 al 27 maggio.

Che non si trattasse di “un’esercitazione come tante altre”, come si poteva ingenuamente pensare, ci è voluto poco a capirlo. Qualche giorno dopo l’inizio dell’operazione, nel sud dell’isola i movimenti di mezzi militari avevano di gran lunga superato ciò che ormai percepiamo come consueto.

Se con gli occhi e con le orecchie non era difficile scorgere gli aerei da guerra nel cielo, per le strade non era difficile incontrare lunghi convogli militari.

Ci si è resi conto fin da subito che l’esercitazione stava venendo svolta anche al di fuori dei poligoni, come ad esempio il 9 maggio nella spiaggia di Gonnesa.

Dopo pochi giorni l’Esercito ha scoperto le carte.

Con un’ordinanza a “decorrenza immediata” 17 aree nel sud Sardegna sono state interdette al transito, alla pesca e alla balneazione, per essere riservate all’utilizzo bellico. Poetto, Costa Rei, Sant’Antioco, Chia, Sarroch, Nora: ci si mette poco a capire che si tratta di una vera e propria nuova invasione.

Dal porto di Cagliari, utilizzato come centro di smistamento navale, tra venerdì 13 e sabato 14 sono transitate più di dieci imbarcazioni di grosso calibro.

Merita più di un ragionamento che la regione più militarizzata d’Europa, con più di 23.000 kmq a terra e mare sottoponibili a servitù militare, abbia dovuto subire un ulteriore sottrazione di territorio pubblico per favorire i giochi di guerra. Il motivo ovviamente non è stato spiegato, e forse lo scopriremo solo successivamente, magari attraverso i danni che MareAperto si lascerà dietro.

Contro questa ennesima provocazione, nel pomeriggio di sabato 14 un centinaio di manifestanti si sono radunati davanti alla Rinascente, di fronte al porto di Cagliari, per un presidio contro l’occupazione militare e la guerra. Dietro uno striscione che recitava “la guerra parte da qui, fermiamola”, il gruppo si è mosso nel centro cittadino, sfilando tra mezzo i tavolini strapieni di turisti, per poi giungere sotto il Comando Militare con un messaggio chiaro: “andatevene via!”. La mattina seguente un altro presidio si è radunato al molo Ichnusa, davanti a una nave da guerra difesa dai reparti antisommossa.

Questa settimana comincia all’insegna di una tensione che non si respirava da diverso tempo, mentre sui social vengono pubblicati numerosi video dei convogli militari in giro per l’isola, diversi gruppi e organizzazioni indicono momenti di piazza per protestare contro lo stato di occupazione militare cui siamo costretti.

Per domenica 22 è prevista una grossa manifestazione fuori dalle reti del poligono di Teulada, con partenza da Sant’Anna Arresi alle ore 12.

Proprio il poligono di Teulada, uno dei poligoni più importanti d’Europa, è al centro di un ciclone mediatico e giudiziario. Il 6 maggio il Tribunale di Cagliari ha infatti avviato un processo a quattro capi maggiori dell’Esercito accusati di “devastazione ambientale” all’interno del poligono, con le famiglie delle vittime residenti attorno alla base che si sono costituite parte civile. Da questo punto di vista possiamo recepire come un buon segnale che qualche abitante della zona decida di infrangere il muro del silenzio e del ricatto, anche se non c’è da aspettarsi niente dalle aule di tribunale. Il processo che si è concluso a Lanusei l’autunno scorso dovrebbe insegnarci che lo Stato si processa e si assolve, in un teatrino democratico fatto di vergogna e prevedibilità (a titolo di cronaca il processo è finito in un nulla di fatto). Proprio per questo, e per tutto ciò che abbiamo detto sopra, riteniamo ora più che mai importante mobilitarsi contro l’occupazione militare, in qualsiasi modo possibile, in città e in is biddas.

Per quasi 70 anni abbiamo mal sopportato la presenza militare, abbiamo lottato contro quelle reti e quelle divise, ci siamo scontrati con chi voleva fermarci, alcuni di noi sono stati inquisiti e processati per aver alzato la testa.

Dobbiamo fare i conti con la dura realtà: se non lottiamo, la nostra terra ci verrà sottratta pezzo per pezzo. Impedire che questo accada è compito nostro.

Qui di seguito le carte con le aree occupate per l’esercitazione Mare Aperto: