Continuiamo nella pubblicazione di testi sulla Corsica. I temi ci sembrano interessanti a vario titolo per comprendere meglio una situazione molto complessa da cui escono poche notizie. Il testo in questione ci è stato inviato da un compagno che ha tradotto l’intervista.
Rilanciamo l’invito a segnalarci testi o inviarci contributi su questo o altri argomenti.

Apparso su https://tousdehors.net/La-revolte-corse il 18 marzo 2022.

Il 2 maggio scorso, Yvan Colonna, militante indipendentista corso imprigionato nel carcere di Arles, è stato vittima di un tentato assassinio. Da allora, le manifestazioni di rabbia si moltiplicano sull’isola. Gli abitanti hanno colto l’occasione per protestare contro il disprezzo del governo francese verso le popolazioni corse e verso le recenti dinamiche del movimento indipendentista. Abbiamo avuto degli scambi con Pierre Poggioli, ex-dirigente del Fronte di liberazione nazionale della Corsica (FLNC), autore di diverse opere di storia dei movimenti di liberazione corsa, e che  inoltre ha da poco pubblicato un libro dedicato al movimento dei Gilets Jaunes, per le edizioni Fiara.

Prodotto dall’onda rivoluzionaria mondiale degli anni Settanta, il movimento indipendentista corso ha saputo innovarsi nel corso dell’ultimo decennio. Nel 2014, mentre il FLNC intraprendeva un processo di demilitarizzazione e annunciava una progressiva fuoriuscita dalla clandestinità, le liste elettorali nazionaliste, guidate da Gilles Simeoni, si prestavano a condurre una campagna politica che li avrebbe condotti alla vittoria l’anno successivo. Ciononostante, i governi consecutivi di François Hollande e di Emmanuel Macron hanno fatto finta di ignorare gli attori e il sostegno di una tale vittoria elettorale, e le trattative sul futuro della Corsica non sono andate avanti di una virgola nel corso degli ultimi due quinquenni. La realtà della politica istituzionale impone una lentezza che, di contro, amplifica lo scontento e le frustrazioni. Anzi, secondo Pierre Poggioli, “il governo ha intrapreso una continua azione di sminuimento del peso elettorale del nazionalismo corso” nel corso degli ultimi cinque anni.

La rabbia che si è diffusa nell’isola come un incendio da due settimane può essere spiegata da diversi fattori e Poggioli descrive un’isola dalle molteplici fratture. Il territorio è sempre più urbanizzato e il paesaggio snaturalizzato. Ci parla per esempio della “svalutazione del paesaggio” e condanna la trasformazione progressiva di quella che i turisti chiamano “l’Isola della bellezza” in quella che invece parecchi locali descrivono ora come “isola-cemento”. Questa urbanizzazione estrema si coniuga anche con una frattura sociale in via di ingrandimento, tra coloro che beneficiano da una economia turistica organizzata attorno alle infrastrutture pubbliche, agli hotel, agli affitti stagionali e ai servizi, e la popolazione lavoratrice che sopravvive tra disoccupazione e lavoro precario. Gli impieghi sono rari e gli abitanti hanno enormi difficoltà a trovare alloggio ad un prezzo abbordabile. L’economia corsa è anche per lo più emarginata, in relazione al continente – cosa che rafforza i problemi locali e rende possibili i tentativi o i desideri di rivolta. A proposito, Pierre Poggioli ricorda che la rabbia corsa può manifestarsi, sotto diversi aspetti, come precorritrice del movimento dei Gilets Jaunes: “quello che i GJ mettono in evidenzia, noi lo sottolineiamo da tempo: c’è una frattura territoriale, una frattura quantitativa, una frattura sociale (ovvero che solo una minoranza dirige l’economia), regno dell’economia informale e della corruzione.” Fa notare inoltre che se da una parte le restrizioni sanitarie legate alla pandemia Covid-19, i lock-down e i coprifuoco, uno dopo l’altro, hanno potuto per un certo tempo indebolire le reti di coordinamento indipendentiste tanto necessarie alla vitalità del movimento, dall’altra le vecchie energie del movimento sono state riattivate queste ultime settimane dalla notizia della violenta aggressione a Yvan Colonna.

Yvan si trova attualmente in uno stato di quasi morte cerebrale (ndt: Yvan Colonna è morto il 21 marzo) – lui che rappresenta, da numerosi anni, un simbolo per la Corsica e i movimenti nazionalisti. L’aggressione ai suoi danni è anche percepita come rivelatrice del disprezzo che lo Stato Francese cova verso gli indipendentisti corsi e, più in generale, verso la situazione dell’isola. Questo disprezzo si incarna d’altronde già nel trattamento riservato a Colonna e ad altri detenuti corsi incarcerati su suolo continentale. In effetti, dopo molti anni, questi ultimi hanno regolarmente richiesto di essere trasferiti in un carcere in Corsica per avvicinarsi ai loro cari – richieste sistematicamente rifiutate dalle autorità francesi.

In questo contesto, da circa una dozzina di giorni vediamo un crescendo di forza nelle manifestazioni di rabbia e di rivolta in tutta l’isola: dei licei sono bloccati, il Sindacato dei lavoratori corsi (STC) è su tutti i giri, la prefettura e le sotto-prefetture sono ripetutamente attaccate,  degli uffici pubblici sono regolarmente occupati, una struttura delle Finanze Pubbliche è stata incendiata. A Corte, poi a Bastia, si tengono manifestazioni quotidianamente, chiamate da collettivi costituiti da sindacati studenteschi, organizzazioni socio-professionali e da partiti politici di matrice nazionalista. I manifestanti sono sempre più numerosi dall’inizio della mobilitazione; si contavano circa 10 mila persone il 13 marzo scorso a Bastia. Nei cortei, risplendono gli striscioni e molti tra loro urlano Statu Francese Assassinu. Mentre la rabbia aumenta e le strade bruciano, il complesso insieme che compone il movimento indipendentista corso sembra di starsi muovendo come amplificatore della lotta.

L’arrivo di Gérald Darmanin (ndt: Ministro dell’Interno dello Stato Francese) sull’isola, mercoledi 16 marzo, non ha calmato le acque, e anzi la rivolta continua il suo corso. Per i corsi, secondo Poggioli, il ministro dell’interno si è mosso ben troppo tardi, usando come scusa il contesto della campagna presidenziale, ma allo stesso tempo esplicitando il profondo disinteresse del governo francese per le problematiche corse. Darmanin si è limitato a richiamare i corsi alla calma, calma che deve prevalere secondo lui su qualsiasi tavolo di discussione. Il 15 marzo, in un’intervista a Corse Matin, dichiarava: “Innanzitutto calmiamoci. Più tornerà velocemente la calma, più le cose verranno decise in fretta. Non può essere la strada a comandare. Sarebbe altrimenti un insulto per gli eletti corsi. [..] La voglia di discutere è molto forte,  il governo e il Presidente della Repubblica tendono la mano. Non vengo né con un libretto d’assegni, né con un manganello. Ma unicamente con una gran voglia di dialogo.” Il ministro ha fatto allusioni alla prospettiva autonomistica, senz’altro per compensare l’arrivo tardivo sul suolo corso, nascondendo l’ansia delle elezioni presidenziali di aprile e per sedurre i manifestanti all’avvicinarsi di quest’ultime.

Poggioli sostiene che il coinvolgimento di massa dei giovani nella lotta è stata “una grande sorpresa per la vecchia generazione”. Le manifestazioni portano assieme in effetti centinaia di giovani, che non sembrano avere paura dei CRS (ndt: polizia in assetto antisommossa), né dei gendarmi. Questo coinvolgimento della gioventù può spiegarsi con la stanchezza e la rabbia dovute alle condizioni di vita sull’isola: il costo della vita è alto, il tasso di disoccupazione elevato, numerosi giovani diplomati non riescono a trovare lavoro. Ma questa gioventù in rivolta trova il suo spazio nella scia dei movimenti nazionalisti degli anni settanta. Poggioli sottolinea i fattori di continuità tra questi “figli e nipotini dei militanti nazionalisti, che si sono accorti che c’era del rancore tra nazionalisti” e anche la volontà della gioventù di “vivere i suoi sogni e le sue speranze decentemente sulla loro isola”. Allo stesso modo elogia il spontaneismo e la dinamicità dei giovani, ai quali afferma di dare completa fiducia: “La gioventù è più spontanea, sono loro che ci diranno quello che succederà. Io mi fido di loro: diteci quello che volete fare, quello che volete dire e noi saremo lì al vostro fianco. Le elezioni non hanno più lo stesso impatto, le istituzioni hanno perso importanza. Per alcuni, i nazionalisti al potere hanno fallito; non hanno saputo ascoltare o aiutare la gioventù, e quindi oggi dovrebbero mettersi in discussione per sostenere significativamente i giovani”.

Per il suo coinvolgimento, la gioventù sta facendo esperienza di una particolare repressione poliziesca. In un articolo di Corse Matin (del 16 marzo), si legge che il collettivo di avvocati Sustegnu Ghjuventù, che riunisce i consigli di parecchie corti, di cui due della Corsica, comunica di aver saputo che “degli studenti in entrata al liceo Laetizia Bonaparte a Aiacciu sono stati perquisiti all’ingresso della struttura”. Il collettivo aggiunge che “questi studenti, durante la perquisizione, sono stati marcati dalla polizia con uno spray PMC (prodotti marcanti codificati), le cui tracce possono restare diversi giorni sulla pelle e sui vestiti”. In un simile contesto di repressione nascente, Poggioli enfatizza sul bisogno di una solidarietà necessaria tra le diverse componenti del movimento: “bisogno sostenere i nostri giovani, è importante rivendicare che da oggi in poi non ci saranno conseguenze legali alle manifestazioni delle ultime settimane”.