La rabbia della gioventù corsa sembra non avere fine, nonostante il fronte della lotta si stia lentamente sfaldando sotto il ricatto dello Stato francese.

Sul finire della scorsa settimana i collettivi giovanili si sono dati appuntamento davanti alla prefettura di Bastia e si sono scontrati con la polizia, che è riuscita a fare degli arresti. Domenica circa 5000 persone hanno attraversato le vie di Ajaccio, cercando in tutti i modi di attaccare la prefettura centrale, ma dovendosi confrontare con un dispiegamento enorme di truppe d’occupazione. La conformazione del capoluogo, i posti i blocco all’ingresso della città e l’abuso di lacrimogeni e granate ha infatti permesso ai gendarmi di avere la situazione sotto controllo ed evitare una replica del corteo del 13 Marzo a Bastia, dove avevano faticato ad arginare la rabbia dei manifestanti. Ciò nonostante anche ad Ajaccio gli affrontements sono andati avanti per ore, dalle 16 alle 23, portati avanti sul finire da un centinaio di incappucciati che non volevano mollare. Contemporaneamente la stessa cosa accadeva davanti alla caserma dei CRS di Furiani (Bastia).

Il giorno seguente è stato chiamato un presidio davanti alla commissariato di Bastia per richiedere il rilascio dei ragazzi arrestati i giorni prima. La polizia ha subito reagito agli insulti con lacrimogeni e flashball, così il presidio si è velocemente spostato davanti alla prefettura, cogliendo impreparati un manipolo di gendarmi attaccati con pietre e molotov. Dopo di che una decina di camionette hanno bloccato il concentramento di persone, arrestandone alcune. Il martedì stesso copione: presidio, lacrimogeni e molotov.

Ma facciamo un passo indietro per capire meglio cosa sta accadendo.

Dopo la morte di Yvan e il suo seppellimento, la rabbia ci ha messo poco ha rivenire a galla e tornare protagonista. Un video dei gendarmi che festeggiano alla morte del leader indipendentista ha fatto infuriare i corsi che dopo due giorni si sono riuniti davanti ai commissariati di Furiani (Bastia) e Asprettu (Ajaccio), affrontando per ore i gendarmi.

La scorsa settimana il fronte della protesta aveva incominciato a scricchiolare, tra gli autonomisti che invitano alla mobilitazione istituzionale e gli indipendentisti che spingono sull’acceleratore della mobilitazione popolare. A tenerlo unito era stata però una dichiarazione del fratello di Yvan, che invitava tutti in piazza a manifestare in ricordo del patriota ucciso nelle mani dello Stato. Dopo le ore di violenza ad Ajaccio, la Francia ha deciso di adottare la pratica del ricatto. “Finchè non si fermano le violenze non contratteremo con voi”, ha dichiarato Macron annullando l’incontro previsto in settimana tra esponenti corsi e il ministro francese dell’interno Darmanin. Sul campo invece, l’approccio repressivo si è evidentemente indurito: più personale, utilizzo massiccio di granate e lacrimogeni davanti a qualsiasi assembramento di persone, arresti sempre più frequenti.

Se già il sostegno degli autonomisti stava venendo meno – e l’effettivo calo di partecipazione in piazza lo conferma – dopo il corteo di Ajaccio la chiusura si è fatta netta: “è il tempo della trattativa, basta violenza”. Dall’altra parte i giovani e gli indipendentisti – con i partiti in prima linea che vogliono guadagnare elettorato – non ne vogliono sapere e rilanciano gli appuntamenti in piazza così come i momenti di confronto aperti. Intanto qualcuno inizia ad attaccare pure di notte: due abitazioni francesi sono saltate in aria e un camping turistico di proprietà d’oltremare è andato in fumo.

In questo clima di tensione e rabbia si avvicinano le elezioni presidenziali di domenica 10, con Core in Fronte che ha apertamente invitato al boicottaggio. In ballo c’è anche il riavvicinamento in terra corsa di Alan Ferrandi e Pierre Alessandri, incarcerati con Yvan in seguito all’assassinio del prefetto Erignac. Il governo francese manterrà le promesse? In che modo influiranno le elezioni?

All’indomani della morte di Yvan scrivevamo che non avremo saputo dire cosa sarebbe accaduto ma che si respirava l’aria di una calma tesa, una calma che annunciava una burrascosa tempesta. I giorni successivi hanno dimostrato che quella tempesta era non solo nell’aria, ma anche nei cuori di tutti quei giovani che, giorno dopo giorno, con un instancabile tenacia, decidono di incappucciarsi e affrontare le truppe d’occupazione, sprezzanti del pericolo e della repressione.

In quella rabbia, in quella gioventù, c’è tutto il futuro della Corsica.