L’occupazione militare della Sardegna è, come tutti sappiamo, una storia vecchia quasi 70 anni, che comincia nei lontani anni ’50 con l’apertura dei tre grandi poligoni di Quirra, Teulada e Capo Frasca, preceduti qualche anno prima dall’aeroporto di Decimomannu.

Spesso quando ci si riferisce alle basi militari si pensa ai carri armati, alle mitragliatrici, al filo spinato e ai missili e, in qualche modo, ad un’ idea molto tradizionale di come si prepara la guerra. Se è fuori da ogni dubbio che questa sia un’amara realtà quotidiana in terra sarda, è anche vero che non esprime con precisione quella che è la situazione attuale dell’isola. Perché?

Perché nel tempo gli assassini in divisa mimetica hanno trovato buoni alleati in camice e valigetta, in scienziati ed ingegneri capaci di soddisfare le loro belliche volontà.

Ma questo è avvenuto un po’ dappertutto, potrebbe dire qualcuno, che cosa centra la Sardegna?

La Sardegna centra eccome perché oltre alla collaborazione che va avanti da qualche anno tra Esercito, Università e aziende private – il Distretto AeroSpaziale Sardo è l’esempio più conosciuto – gli investimenti si stanno concentrando sull’apertura di nuovi centri di sperimentazione proprio in terra sarda. Se prima i militari testavano in Sardegna ciò che veniva ideato e prodotto altrove, adesso vogliono rendersi la vita più semplice ideando, producendo (questo in misura minore) e testando direttamente qui. Ovviamente questo discorso non vale a tutto tondo, ma lo si può notare su alcuni settori specifici del comparto bellico. L’Aerospazio sembra essere il campo d’investimenti prediletto da militari e ingegneri dell’isola. Qualche giorno fa infatti all’interno del PISQ, precisamente in località Sa Figu (Perdasdefogu), è stato inaugurato il progetto Space Propulsion Test Facility (Sptf), che prevede la costruzione di un campo di sperimentazione tecnologico per motori di razzi, finanziato da Avio e dal costo di 26 milioni di euro, di cui circa 800.000 sborsati dalla Regione Sardegna.

Nello stabilimento sarà presente un banco di prova per motori a liquido (denominato Liquid Rocket Engines) e un impianto per la realizzazione di componenti in carbon-carbon. La propulsione liquida a metano servirà ad alimentare il nuovo lanciatore Vega E, una versione potenziata del missile Vega C, che volerà per la prima volta nel 2022, dall’importanza strategica non indifferente. Giulio Ranzo, ad di Avio, ha infatti annunciato che per lo sviluppo del lanciatore Vega E “è stato firmato con Esa un contratto da 118,8 milioni di euro: l’importanza strategica dell’Sptf per il Vega E, conferisce alla Sardegna un ruolo cardine nel mondo dell’aerospazio a livello internazionale”.

Ma come ben sappiamo la decenza non è arte conosciuta da questi signori, che hanno pure tentato di ripulirsi la coscienza annunciando che la nuova tecnologia, basata su propellenti criogenici ad ossigeno liquido (LOx) e metano liquido (LNG), è a basso impatto ambientale, pronunciando quella parolina magica onnipresente negli ultimi anni: green.

biccalinna

Qui un video che spiega in maniera accurata il progetto:

https://www.youtg.net/canali/in-sardegna/40002-test-sui-motori-dei-razzi-spaziali-nel-poligono-di-quirra-oggi-l-inaugurazione