Pubblichiamo un testo trovato in rete che ci racconta un episodio di ordinario sfruttamento nell’ambito del lavoro stagionale legato all’industria turistica. Una buona risposta a chi si chiede come mai i datori di lavoro faticano a trovare dipendenti.

Faccio la serva per un Bed & Breakfast

Come in tante altre regioni, qui l’estate significa essere sommersi dal turismo e ingabbiati nel lavoro stagionale. Il lavoro stagionale significa sgobbare a ritmi insostenibili per poche centinaia di euro al mese. Per far andare avanti il turismo. Quest’anno più di altri, bruciato dalla pandemia che ha portato via gran parte delle risorse della gente, l’accanimento ad accumulare guadagno dal turismo e dal consumo è vorace come il fuoco. Piccoli e grandi proprietari sono disposti ad assumere personale con delle condizioni talmente disumane che viene da chiedersi se conoscano la vergogna, o magari la paura. In questo contesto ho cominciato a lavorare per un bed and breakfast. Dopo svariati mesi che non trovavo un lavoro, ho accettato a malincuore un’offerta che non era per nulla allettante ma mi sembrava l’unico modo per non lavorare nella ristorazione. Si sarebbe trattato, secondo quanto detto dalla responsabile, di fare le pulizie e i check-in di tre appartamenti in centro città. E anche di lavare le lenzuola dopo che gli ospiti lasciavano le stanze. Tutto questo pagato a cottimo, ovvero in base alle prenotazioni e al numero di persone. E in nero. Senza assicurazione e senza fisso mensile.

Da subito sapevo che sarei durata poco ma avevo fretta di poter avere dei soldi, per cui ho cominciato, chiudendo un occhio su tutte le mancanze di igiene e garanzie che già erano evidenti. Inizialmente si trattava di una prenotazione a settimana, per cui lo stress non si imponeva in modo tanto pressante da potermi far pensare che me ne dovevo andare, anzi, ho anche accettato altri lavori nel frattempo perché la paga non mi bastava nemmeno per l’affitto. Poi hanno cominciato ad arrivare due, tre, quattro prenotazioni a settimana, poi tre, quattro, cinque prenotazioni in ognuno dei tre appartamenti. Cominciava a venire fuori che nessuno metteva piede in quegli appartamenti a parte noi, “le ragazze”, che ci siamo ritrovate di fatto a gestire tutta la filiera di un bed and breakfast. Nel frattempo una mia amica aveva cominciato a lavorare con me, per cui provavamo alla buona a dividerci il lavoro, sapendo che questo significava dividerci la paga. I ritmi sono diventati sempre più fitti e insopportabili. Ogni giorno dovevamo fare avanti e indietro con trenta chili di lenzuola. Andare a pulire gli appartamenti. Gestire i check-in e la comunicazione con gli ospiti. Recuperare il materiale che serviva per portare avanti l’attività e procurarci da noi e a spese nostre le precauzioni igieniche, nonché i detersivi. 𝘗𝘳𝘦𝘯𝘥𝘪 𝘭𝘦𝘻𝘶𝘰𝘭𝘢, 𝘱𝘰𝘳𝘵𝘢 𝘪𝘯 𝘭𝘢𝘷𝘢𝘯𝘥𝘦𝘳𝘪𝘢 𝘢 𝘴𝘱𝘦𝘴𝘦 𝘵𝘶𝘦, 𝘱𝘰𝘳𝘵𝘢 𝘭𝘦𝘯𝘻𝘶𝘰𝘭𝘢 𝘢 𝘤𝘢𝘴𝘢 𝘢𝘥 𝘢𝘴𝘤𝘪𝘶𝘨𝘢𝘳𝘦, 𝘱𝘰𝘳𝘵𝘢 𝘭𝘦𝘯𝘻𝘶𝘰𝘭𝘢 𝘢𝘨𝘭𝘪 𝘢𝘱𝘱𝘢𝘳𝘵𝘢𝘮𝘦𝘯𝘵𝘪, 𝘱𝘶𝘭𝘪𝘴𝘤𝘪, 𝘧𝘢𝘪 𝘴𝘦𝘪 𝘭𝘦𝘵𝘵𝘪, 𝘢𝘴𝘴𝘪𝘤𝘶𝘳𝘢𝘵𝘪 𝘤𝘩𝘦 𝘴𝘪𝘢 𝘵𝘶𝘵𝘵𝘰 𝘢𝘱𝘱𝘰𝘴𝘵𝘰, 𝘢𝘤𝘤𝘰𝘨𝘭𝘪 𝘪 𝘤𝘭𝘪𝘦𝘯𝘵𝘪 𝘤𝘰𝘭 𝘴𝘰𝘳𝘳𝘪𝘴𝘰.𝘊𝘢𝘮𝘣𝘪𝘢 𝘪 𝘴𝘰𝘭𝘥𝘪, 𝘧𝘢𝘪 𝘭𝘢 𝘳𝘪𝘤𝘦𝘷𝘶𝘵𝘢, 𝘵𝘰𝘳𝘯𝘢 𝘢 𝘤𝘢𝘴𝘢 𝘢 𝘱𝘰𝘨𝘨𝘪𝘢𝘳𝘦 𝘪 𝘴𝘰𝘭𝘥𝘪 𝘮𝘪𝘤𝘢 𝘱𝘶𝘰𝘪 𝘨𝘪𝘳𝘢𝘳𝘦 𝘤𝘰𝘯 𝘤𝘦𝘯𝘵𝘪𝘯𝘢𝘪𝘢 𝘥𝘪 𝘦𝘶𝘳𝘰 𝘯𝘰𝘯 𝘵𝘶𝘰𝘪 𝘪𝘯 𝘣𝘰𝘳𝘴𝘢. 𝘌 𝘱𝘰𝘪 𝘥𝘪 𝘯𝘶𝘰𝘷𝘰, 𝘢𝘱𝘳𝘪 𝘭’𝘢𝘱𝘱𝘢𝘳𝘵𝘢𝘮𝘦𝘯𝘵𝘰, 𝘮𝘦𝘵𝘵𝘪 𝘭𝘦 𝘮𝘢𝘯𝘪 𝘯𝘦𝘪 𝘤𝘢𝘴𝘴𝘰𝘯𝘦𝘵𝘵𝘪, 𝘣𝘶𝘵𝘵𝘢 𝘭𝘢 𝘴𝘱𝘢𝘻𝘻𝘢𝘵𝘶𝘳𝘢, 𝘧𝘢𝘪 𝘴𝘱𝘢𝘳𝘪𝘳𝘦 𝘭𝘦 𝘤𝘰𝘴𝘦 𝘤𝘩𝘦 𝘭𝘢𝘴𝘤𝘪𝘢𝘯𝘰 𝘯𝘦𝘨𝘭𝘪 𝘢𝘱𝘱𝘢𝘳𝘵𝘢𝘮𝘦𝘯𝘵𝘪, 𝘱𝘳𝘦𝘯𝘥𝘪 𝘭𝘦𝘯𝘻𝘶𝘰𝘭𝘢, 𝘳𝘢𝘴𝘴𝘪𝘤𝘶𝘳𝘢 𝘭𝘢 𝘳𝘦𝘴𝘱𝘰𝘯𝘴𝘢𝘣𝘪𝘭𝘦 𝘤𝘩𝘦 𝘦̀ 𝘵𝘶𝘵𝘵𝘰 𝘢𝘱𝘱𝘰𝘴𝘵𝘰, 𝘦 𝘱𝘰𝘪 𝘥𝘪 𝘯𝘶𝘰𝘷𝘰. Tutto questo era ormai una volta al giorno. Un lavoro per cui prendevamo 7 euro all’ora per tre ore di pulizia ad appartamento. Ai clienti venivano chiesti 15 euro a testa per il servizio delle lenzuola e degli asciugamani, di cui a noi ne andavano solo 5. Per i check-in venivamo pagate 8 euro. Ma tutto il tempo che serve per occuparsi interamente di un’attività, dalla cura agli imprevisti, non era minimamente considerato. Ho cominciato a piangere ogni volta che andavo via da quel posto, carica di lenzuola sotto il sole che qui raggiunge tranquillamente i 40°. Mentre tutto questo andava avanti i contagi stavano cominciando a salire, e ora di nuovo sempre di più, mentre noi ci ritrovavamo a raccogliere senza precauzioni adeguate tutto il materiale anche organico di almeno dodici persone a settimana. Avevo già deciso di andarmene dopo aver fatto il calcolo del tempo effettivo che lavoravo per questi schiavisti, quando un giorno comincia a suonarmi il telefono alle sei di mattina: la porta era rotta e gli ospiti erano chiusi fuori. Il giorno noi siamo state costrette a stare dietro alla riparazione della porta, e nel mentre continuavamo a portare avanti le nostre mansioni, e nel mentre ci occupavamo della gente che era rimasta chiusa fuori dall’appartamento, e nel mentre dovevamo aggiornare la responsabile che ovviamente non si presentava. Siamo rimaste lì dalle otto di mattina alle sei di sera, senza mangiare, senza pausa. Mentre tornavo a casa con venti chili di biancheria nelle buste, mi sono sentita male. L’ho raccontato alla mia amica “𝐴𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑖𝑜 𝑠𝑡𝑎𝑣𝑜 𝑠𝑣𝑒𝑛𝑒𝑛𝑑𝑜”.Dopo che mi sono ripresa non mi usciva dalla testa la voce della capa che mi diceva “𝑃𝑒𝑛𝑠𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑔𝑙𝑖 𝑜𝑠𝑝𝑖𝑡𝑖 𝑔𝑟𝑎𝑑𝑖𝑟𝑒𝑏𝑏𝑒𝑟𝑜 𝑠𝑒 𝑔𝑙𝑖 𝑓𝑎𝑐𝑐𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑡𝑟𝑜𝑣𝑎𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑝𝑎𝑠𝑡𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑐𝑜𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒?”.Da lì abbiamo deciso che era troppo, troppo da sopportare non solo perchè il lavoro che facevamo non era pagato, ma troppo anche se mi avessero dato due mila euro al mese. Troppe volte c’erano “imprevisti”, reperibilità fino alle tre di notte, prenotazioni da un giorno all’altro, inconvenienti. Chiedi scusa, ringrazia riporta, segna, compra. La relazione con noi dipendenti era totalmente gestita con la dinamica del bastone e della carota. Da momenti in cui venivamo trattate come pezzi di merda ad essere coccolate come delle deficienti quando su Booking compariva una recensione positiva. Non ero più disposta a fare in casa mia il lavoro che avrebbe dovuto fare una ditta industriale, rischiare la salute mentale e fisica senza nessuna assicurazione, vedermi passare per le mani e custodire migliaia di euro di cui io ne vedevo letteralmente un paio di centinaia. Non abbiamo inventato scuse per andarcene, abbiamo deciso di dire tutto. Abbiamo scritto una lettera dove punto per punto dicevamo alla responsabile tutto quello che avevamo dovuto fare che non ci era stato pagato, tutto lo schifo che abbiamo dovuto vedere facendo finta di nulla, tutto quello che abbiamo fatto senza la minima tutela nei confronti nostri e degli ospiti. Le abbiamo reso tutta la montagna di bugie che riempie quegli appartamenti che in queste settimane non escono dai miei incubi. L’abbiamo affrontata faccia a faccia, le abbiamo detto tutto quello che pensavamo facendolo uscire dalla nostra bocca. “𝑆𝑒 𝑛𝑒 𝑝𝑜𝑡𝑒𝑣𝑎 𝑝𝑎𝑟𝑙𝑎𝑟𝑒 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎 𝑣𝑒 𝑛𝑒 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑒 𝑎𝑛𝑑𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑝𝑟𝑒𝑎𝑣𝑣𝑖𝑠𝑜”, “𝑁𝑜, 𝑛𝑜𝑛 𝑠𝑒 𝑛𝑒 𝑝𝑜𝑡𝑒𝑣𝑎 𝑝𝑎𝑟𝑙𝑎𝑟𝑒 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎, 𝑛𝑜𝑛 𝑐𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑝𝑖𝑐𝑐𝑜𝑙𝑖 𝑝𝑟𝑜𝑏𝑙𝑒𝑚𝑖 𝑠𝑢 𝑐𝑢𝑖 𝑡𝑟𝑜𝑣𝑎𝑟𝑒 𝑢𝑛 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑟𝑜𝑚𝑒𝑠𝑠𝑜, 𝑐’𝑒̀ 𝑢𝑛 𝑝𝑟𝑜𝑏𝑙𝑒𝑚𝑎 𝑎 𝑚𝑜𝑛𝑡𝑒 𝑒 𝑡𝑢 𝑛𝑜𝑛 𝑝𝑢𝑜𝑖 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑟𝑖𝑛𝑔𝑒𝑟𝑒 𝑙𝑎 𝑔𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑎 𝑙𝑎𝑣𝑜𝑟𝑎𝑟𝑒 𝑖𝑛 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑑𝑖𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖. ”Le abbiamo fatto di fronte il calcolo di quanto un lavoro del genere sarebbe pagato con un contratto, cioè almeno millecinquecento euro con tutte le tutele del caso. Li abbiamo lasciati senza personale in piena stagione, visto che non si rendono conto del valore del lavoro. Per questo sono fiera di noi. Ma siamo comunque tornate a casa con duecento euro in tasca, giuro duecento euro, e con una rabbia che non ci toglie nessuno. Col pensiero che nessuno dovrebbe mai più vivere un’esperienza simile.

Carla