In questi giorni si è nuovamente acceso il dibattito sul lavoro stagionale, con un’ondata di lamentele da parte di numerosi datori di lavoro scontenti di “non trovare personale” per la stagione estiva. La colpa di questa misteriosa diserzione è, secondo questi imprenditori, da ricercare nel reddito di cittadinanza che permetterebbe a tanti giovani e meno giovani di sopravvivere senza lavorare. Probabilmente un fondo di verità c’è (o pensiamo che da un momento all’altro ci sia stato un ritorno di fiamma di coscienza di classe?), in quanto l’R.d.C. permette a tanti e tante di sopravvivere senza lavorare, ma il problema non è certo questo: voi cosa scegliereste tra una paga di 700 euro per fare lo schiavo e la stessa cifra per non muovere un dito?

In Sardegna questo dibattito è più che mai attuale, dal momento che la stagione estiva vede un incremento notevole degli impiegati nel settore turistico e che questa viene presentata per molti giovani come l’unica opzione lavorativa.

Per questo pubblichiamo qui di seguito una testimonianza di un lavoratore stagionale sardo pubblicata nel n.8 di NurKuntra:

ESPERIENZA DI UN LAVORATORE NELLA FORESTA OSCURA DELL HO.RE.CA.

Sono Fabrizio ho 28 anni,vengo da Cagliari città dove ho sempre vissuto da quando sono bambino. Lavoro da quando ho 22 anni più o meno stabilmente. Dal 2017 in poi ho sempre lavorato nell’ambito della ristorazione maturando esperienze sia al bar (sala e banco) che in sala come cameriere. Nella mia carriera che ormai è giunta al quinto anno ho lavorato in posti molto diversi tra loro, a partire da circoli per arrivare a strutture alberghiere importanti, sempre e comunque solo in Sardegna.

Sicuramente la differenza maggiore tra le varie tipologie di lavoro la si riscontra durante le stagioni. Nel periodo compreso tra Aprile e Ottobre/inizio Novembre infatti in Sardegna in generale si crea una forte richiesta di personale sia da parte delle piccole che delle grosse strutture dovuto alla mole di turismo interno ed esterno che il periodo estivo richiama. Specialmente le strutture ricettive di grosse dimensioni diffuse soprattutto nelle località più ambite (es Villasimius, Castiadas, Pula, Gallura ecc), necessitano a livello organizzativo di molto personale per far fronte alle richieste dei turisti.

Negli ambienti lavorativi che ho attraversato ho sempre trovato una scala gerarchica a cui fare riferimento. Al vertice c’è sicuramente il datore di lavoro, seguito di solito da un responsabile di sala/capo barman che dà gli ordini e si occupa della gestione e dell’organizzazione dei turni diventando una sorta di “team leader”. Nei rapporti coi colleghi si era quasi sempre alla pari, anche se di solito si crea una sorta di gerarchia spontanea per cui chi c’è da più tempo ha un po più importanza. O di solito, chi ha più esperienza nel settore tende a essere più avvantaggiato o ad avere una posizione più alta pur a parità di ruolo. Ovviamente essendo lavori soggetti a turni molto lunghi (che superano tranquillamente anche le 10h di lavoro al giorno) si tende a sviluppare rapporti umani molto forti sia in senso positivo che negativo. Nella mia esperienza posso dire di avere avuto più rapporti positivi -quindi di amicizia – che negativi, perché comunque si tende a parlare tanto dei problemi che sono comuni e a sfogarsi tra colleghi, avendo poco tempo per le relazioni umane esterne. Vige anche una sorta di rispetto reciproco di base perché sono lavori davvero massacranti che fungono da scuola di vita, e spesso si impara ad arrangiarsi in ogni situazione e a reggere lo stress.

Nonostante questa, i krumiri purtroppo non mancano. Specie negli hotel la figura del leccaculo è sempre presente. Quindi il collega che tende a volersi mettere in mostra, a fare più ore del previsto, a voler fare bella figura a tutti i costi davanti a direttori o vicedirettori in cambio di posizioni di privilegio nei periodi successivi. Non sono personaggi ben visti dal resto dello staff nella maggior parte dei casi.

PROBLEMI:

I salari in linea teorica sono nella media. Il problema sta nel rapporto orario/salario.

Un commis di sala (un cameriere base per dirla in parole povere) guadagna sui 1000/1200 euro al mese per un monte ore che può partire dalle 8 per arrivare tranquillamente alle 12-13h giornaliere. All’interno dei bar la situazione e pressoché identica. Gli straordinari riconosciuti sono inesistenti, nella maggior parte dei casi ci si accorda per uno stipendio, ma il monte ore che viene poi lavorato per ottenerlo può variare anche di decine di ore che non verranno mai riconosciute, meno che mai come straordinario. Capita invece che una parte di stipendio venga pagata in busta paga e una parte fuori. Per risparmiare infatti molti datori di lavoro stipulano contratti part time da 18 20 ore settimanali per pagare meno contributi. Tendenzialmente vengono inserite in busta paga 13esima 14esima e ferie non godute.

Spesso nel contratto c’è scritta una cosa ma le mansioni richieste sono molte di più. Un cameriere può diventare tranquillamente tutt’altro. Si tende a spremere al massimo i dipendenti .

Su questi comportamenti gioca forte la pressione psicologica. Essendo lavori dove non è richiesta un’alta competenza o professionalità si vive sempre sulla minaccia di essere mandati via. Ci si accontenta di questa situazione di ricatto perché 1000 euro al mese per alcuni purtroppo sono oro.

Da tutto ciò derivano purtroppo problemi psicologici a mio parere molto grandi di cui si parla poco o nulla all’esterno. Già solo il fatto di lavorare negli orari dei pasti, o quando le persone normalmente stanno in famiglia o con gli amici priva i lavoratori di una grossa parte di socialità e di affetti. Gli orari di lavoro prolungati e massacranti causano stress fisico e psicologico. Per sopperire si fa uso massiccio di alcool e medicinali, per non parlare del consumo di cocaina. Questo ovviamente non rimane circoscritto all’ambiente di lavoro. Quando si stacca dal turno di lavoro si tende a uscire insieme e a fare serata. Si somma quindi il consumo interno al consumo esterno perché è tanta la voglia di sfogarsi e di parlare con qualcuno che capisca i tuoi problemi.

PROSPETTIVE DI LOTTA

In mezzo a tutti gli aspetti negativi che si possono riscontrare ci sono ovviamente anche dei margini e degli aspetti positivi, fatti delle relazioni interpersonali che si creano.

Per chi sceglie la ristorazione come strada lavorativa duratura e non come semplice tappabuco per campare, è molto facile sviluppare una coscienza su questo mondo. Una degli aspetti più evidenti è che quasi nessun collega ti verrà a dire “mi piace il mio lavoro, non cambierei nulla”. Nelle migliaia di ore passate insieme ai miei colleghi nel corso degli anni il minimo comune denominatore è la stanchezza, la frustrazione e una generale insofferenza verso i padroni di turno. Che si traducono quindi in un senso generale di malcontento.

I problemi principali sono la totale assenza di sindacalizzazione (anche di base) e la scarsità di tutele e controlli da parte degli enti preposti. Se da un lato le piccole attività è vero che fanno fatica ad assumere le persone perché i costi del lavoro sono relativamente alti (parlo di piccoli bar a gestione familiare con massimo 1 o 2 dipendenti) le grandi catene di alberghi interpretano il ruolo degli avvoltoi spremendo al massimo il personale per ottenere più profitti. E da quello che ho potuto notare non esiste nessun tipo di controllo degli standard lavorativi. In 4 anni pieni di lavoro ad esempio, non ho mai visto l’ispettorato del lavoro fare un controllo.

Le prospettive di lotta quindi a parer mio, per lo meno a livello di orizzonti esistono eccome ma sono tutte da costruire e immaginare. Si può partire anche dal piccolo, dall’attitudine comportamentale: non lavorare più dell’orario previsto, rifiutare mansioni non comprese nel nostro inquadramento, rispondere ai capi quando si crede che ci stiano prevaricando, discutere coi colleghi e aiutare le persone poco informate a capire come funzionano buste paga e contratti.

In alcune città d’Italia si sono costruite pagine facebook che segnalavano i “Padroni Di Merda”,in altre si sono sanzionate le attività che si era certi sfruttassero il personale. Purtroppo l’assenza totale della rappresentanza sindacale fa si che i casi di scioperi importanti siano quasi inesistenti. La strada quindi è in salita ma percorribile. Spetta a noi crederci e iniziare a percorrerla a piccoli passi senza avere fretta.

In conclusione credo che per fare un ragionamento globale si debba cambiare totalmente la visione del turismo e dell’industria ricettiva in generale. Ospitalità e ricevimento non devono essere servilismo. Da questa mentalità secondo me deriva poi l’avidità del padronato che ci schiavizza.

Lavoro e nonnismo

Nell’hotel dove lavoravo erano presenti molti stagisti reclutati da un istituto alberghiero della provincia di Bergamo. Avevano tutti un eta’ compresa dai 18 ai 20 anni e facevano il turno spezzato 6-13 e 18-24 percependo un rimborso spese mensile di 480 euro circa.

Dopo un paio di volte che due ragazzi arrivarono al turno di mattina con mezzora di ritardo, il maitre di sala pensò che avessero bisogno di una punizione esemplare, li mise così a fare la guardia notturna alla cella frigo fino alle 4 del mattino, obbligandoli poi a tornare alle 6 per attaccare il turno.

Questo e’ solo uno dei mille casi di nonnismo che si vivono durante le stagioni, questa pratica purtroppo molto diffusa diventa il misero sfogo della frustrazione personale di chi ha un po’ di potere sugli anelli più deboli della catena. Proprio come se si fosse nell’esercito.