Mentre leggevo un libro mi ha colpito questo passaggio e ho pensato che sia bello condividerlo in questo periodo in cui il tempo si consuma tra la morsa delle misure anti-pandemiche e la digitalizzazione delle abitudini e delle facoltà umane. Nel frattempo, la devastazione dell’ambiente e della natura ci indica la direzione catastrofica verso cui sempre più velocemente rotoliamo.
Le scelte sono importanti e questo passaggio esprime la voglia di ribellarsi che è in me.

(…) “Ho aderito all’Organizzazione perché non ne potevo più di questo nostro tempo, del suo essere privo di qualsiasi riferimento morale, sociale, identitario. Un tempo di vigliacchi, incapaci di distinguere il giusto dallo sbagliato, il sano dal nocivo, il bisogno dall’avidità, l’umano dal diabolico. Gente che passa i suoi giorni a lamentarsi della merda che circonda per poi sguazzarci dentro ad ogni occasione. Ragazzi nati negli anni Novanta capaci di stare ore ed ore al cellulare a parlare dell’ultima love story del loro divo preferito, di abbuffarsi di schifezze comprate in un fottuto fast food, di vivere la notte nelle discoteche sniffando e ubriacandosi fino al midollo. Ragazzi viziati, analfabeti, degenerati. Piccole fotocopie cresciute a pane e cazzate. Maniaci della cura del corpo, che fanno i duri nelle palestre e poi piagnucolano mentre l’estetista gli strappa le ciglia. Senza coscienza, senza dignità, senza onore, senza scopo” (…) “ Ho aderito all’Organizzazione perché disprezzavo, e disprezzo ancora: disprezzo i vigliacchi, gli sfruttatori, gli spergiuri, gli assassini senza nome, che violentano, affamano, distruggono e stuprano la terra. Disprezzo i preti che ti lisciano con il paradiso, la pace, la fede, il bene, e invece sono i padroni della menzogna, i servi del potere, i custodi dell’inferno. Disprezzo gli intellettuali altezzosi che dall’alto della loro cattedra trattano il popolo come se fosse un conglomerato di primati bloccati ad uno stadio troppo basso dell’evoluzione. Disprezzo i ricchi che, mentre la fame, la guerra, la malattia devastano il globo mangiano caviale nelle loro ville abusive e scolano champagne pulendosi la bocca con i dollari evasi dalle tasse. Disprezzo i governatori che storpiano la realtà, nascondano i fatti, traviano e corrompono, coperti dall’impurità della democrazia” (…) “Ma, caro Danny, soprattutto disprezzo noi: i poveri, gli umili, gli ultimi. Disprezzo la nostra ignoranza, il nostro pressapochismo, il nostro continuo metterci a novanta mentre quelli di cui sopra ce lo ficcano beatamente nel culo. Per noi non esistono giustificazioni, non esistono scuse, non c’entra l’analfabetismo, l’abitudine, il quoziente intellettivo e altre stupidate. Siamo così perché immaginiamo che tutto si riduca all’essere, al quantificare, al pesare il materiale sulla bilancia della vita. Viviamo l’esistenza che altri hanno costruito per noi, non lasciando nulla dopo la morte se non lo strascico delle insoddisfazioni che ci tiriamo dietro. Ecco, io non volevo più essere una parte di questa immondizia che cammina sul nostro pianeta imbrattandolo, sporcandolo, pisciando su tutto quello che il Creato ha potuto donarci. Non volevo diventare una ragazza bene, non volevo sposare il ricco di turno in Cayenne, non volevo baciare le mani dei potenti. Mi volevo ribellare, nel senso più stupido e basso del termine. E lo voglio ancora: voglio mettermi tra gli ingranaggi della struttura e spaccarne il meccanismo con modalità e prassi che la struttura nemmeno riuscirà a capire” (…)

L’Organizzazione, di Matteo Minelli