Qualcuno non si è dimenticato degli affari sul DNA ogliastrino e infatti ieri son spuntati a Seulo questi volantini:

“Mentre i seulesi gli davano da mangiare, Pino Ledda con l’ex sindaco ha venduto il loro Dna. Scappa o sei morto”

C’è chi fa i nomi di alcuni dei responsabili che dal ’95 si occupano della ricerca sulla longevità propria di quest’aerea sarda, seconda solo – in questa speciale classifica – a una zona giapponese. Il progetto era stato presentato senza fini di lucro, da una società creata da Renato Soru, la SharDna, e aveva ottenuto la partecipazione di 13.000 anziani del luogo. Molti erano sicuramente stati convinti dall’offerta di cure e controlli medici completi e gratuiti, difficili da realizzare se si vive in certi paesi in cui il presidio sanitario più vicino sta a chilometri di curve e saliscendi.

La stessa società, poi fallita, era stata acquistata dal San Raffaele di Milano, per poi tornare all’asta, destando grande scalpore tra chi si era prestato a quella che sembrava un’innocente ricerca. Si sostiene ancora che questi DNA servano per studiare le malattie correlate all’anzianità e infatti, dopo il fallimento della società San Raffaele, l’asta è stata vinta da una società inglese la Tiziana Life Science che ha rassicurato tutti sull’uso dei campioni in questione.

Bisogna notare come non sia stato richiesto nessun permesso formale ai proprietari del codice genetico e anzi, le discussioni a livello regionale sono relative al chi dovrà “beneficiare” di tali ricerche. Solinas alla fine del 2019 ha assicurato che le 23.000 provette sarebbero restate in Sardegna, progettando una collaborazione di ricerca con il Mater Olbia. Senza dimenticare il finto furto di 14.000 campioni poi ritrovati al San Giovanni di Dio di Cagliari, spostati dallo stesso direttore delle ricerche Pirastu. Tanto che inizialmente ci si chiedeva proprio come avessero fatto, questi ladri di provette, a rubare senza scassinare!

Insomma queste vicende, di durata ventennale mostrano come tutti abbiano provato ad arricchirsi da una vera e propria truffa alla popolazione locale e come veramente nulla sia tornato ai veri proprietari, nemmeno la possibilità di decidere la distruzione delle provette, visto le nuove finalità saltate fuori.

Ed ecco che qualcuno, a due anni di distanza dalla scoperta delle provette rubate, ricorda che chi aveva gestito quei traffici non è stato perdonato, ancora di più perché ha lucrato su un campo in parte sconosciuto.

Il clima di malcontento è aumentato anche dal fatto che questa provincia sarda vive una grave crisi sanitaria: a Lanusei esiste un ospedale in stato di smantellamento e il Covid non ha migliorato la situazione. Infatti molti casi vengono dirottati a Nuoro, e vengono lasciati senza terapie numerosi pazienti oncologici. A  Seui e Ussassai non c’è più un medico di famiglia e i due paesi hanno provato a organizzarsi con un medico per una volta a settimana. E’ impossibile ignorare come la maggior parte dei fondi regionali vengano dirottati verso progetti che ingrassano le tasche di pochi, mentre si dice di rimanere a casa e non fare gli “untori”, loro distruggono quel poco che rimane di sanità pubblica.

Questa è una condizione comune a tutta l’isola, che vede i fondi regionali utilizzati per ospedali privati come il Mater Olbia, mentre le zone dell’interno vivono una condizione sanitaria drammatica e ancora di più le isole, come la Maddalena. Proprio qui, alla fine di febbraio, è iniziato un progetto “d’avanguardia”: la Telemedicina, mette in contatto il pronto soccorso dell’Isola con l’ospedale di Olbia. L’ennesima pezza che va ad ampliare il divario tra chi può e non può permettersi le cure, i tamponi, i ricoveri e così via.

Tutte queste storie evidenziano sempre di più come la Sardegna sia una terra vista solo quale fonte di profitti: scientifico, sanitario o industriale, poco cambia. Il ricatto a cui si è sottoposti è quello di qualche briciola oppure del nulla. Ma quante volte i sardi hanno accettato tale trattamento, illudendosi di chissà quali benefici, quale futuro di guadagni? In fondo, la domanda è sempre quella: cosa siamo disposti a barattare per qualche soldo?

Pång ràss