La zona arancione ha portato con sé una grande novità, sicuramente non strettamente correlata, ma significativa. Fino ad ora non se ne è parlato nei giornali eppure, il 5 gennaio scorso, è stato pubblicato un nuovo bando sul sito della Regione ai fini della creazione di due centri di raccolta per minori affetti da Coronavirus.

Prima dell’arrivo del Covid ci sarebbe sembrato un modo alquanto discutibile di gestione sanitaria anche se, come si evince dal testo del bando, di sanitario rimane ben poco lasciando spazio a una repressione che è facilmente accettabile se giustificata con l’emergenza in corso.

Il bando è aperto a tutte le strutture, già operative e con esperienza nell’accoglienza di minori, al fine dell’individuazione di due luoghi di raccolta per minori affetti da coronavirus (più precisamente asintomatici e con sintomatologia trascurabile).

Il bando riporta che i due centri saranno collocati rispettivamente con uno nel Nord e uno nel Sud Sardegna, ma da chi saranno riempiti?

Le due strutture son destinate ai minori provenienti da case famiglia e centri di accoglienza, ma ci sarà posto anche per i maggiori di 14 anni, sotto misura penale, ospitati nelle case famiglia e per i detenuti minorenni degli istituti penitenziari per minori. Parliamo quindi di luoghi di segregazione in cui andranno a finire ragazzi di classi sociali disagiate che ora vengono ancora più represse approfittando della situazione emergenziale. Ci saranno giovani che non hanno possibilità di avere dei contatti stabili con genitori, amici o parenti e saranno totalmente sotto il controllo degli operatori delle strutture, in caso di fuga ci sarà l’ovvia collaborazione delle forze dell’ordine e dell’ATS. Proprio da questo emerge il carattere classista questi luoghi che andranno a raccogliere i ragazzi provenienti da realtà popolari e che vivono un profondo disagio.

Non è da escludere che tra questi ci saranno alcuni non residenti in Sardegna, come avviene per i minori detenuti, per i quali raramente viene applicata la territorialità della pena. Il minorile di Quartucciu presenta tre detenuti straniera, dei restanti circa la metà proviene da altre regioni italiane.

Quello che accadrà è che in questo centro entreranno non solo persone di altre regioni, ma ovviamente anche immigrati, delineandosi come un vero e proprio luogo di prigionia per tutti i giovani subalterni. Si sta preparando il terreno a ulteriori deportazioni e a un nuovo tipo d’isolamento, giustificato dal virus.

La Regione ha trovato un’ottima soluzione per gestire tutti i problemi che derivano dalla chiusura di un giovane per almeno 14 giorni, problemi che non sono nuovi in ambienti come il carcere minorile o le case famiglia. Nel 2020, a Quartucciu, son stati registrati almeno 13 atti di autolesionismo che mostrano chiaramente un malessere diffuso tra le carceri, senza escludere quelle per minori.

Certo, si potrà obiettare che l’isolamento per Covid è temporaneo, ma è significativo che le istituzioni progettino dei luoghi in cui chiudere tutti i malati di una certa categoria, non è certamente un nuovo modo di gestire le problematiche sociali e pare che la classe dirigente voglia portarsi avanti con il lavoro di prevenzione del malcontento.

Chiunque riesca a leggere vagamente la situazione attuale sa che non basteranno i soldi a calmare gli animi e anzi prima o poi dovranno tirare fuori il bastone, proprio come hanno fatto a Marzo sui detenuti in rivolta, solamente che presto o tardi quel bastone si abbatterà su tutto il resto della società, giusto per ricordarci quanto il dentro e fuori dalle mura siano più che collegati. Quindi perché non iniziare a pensare un luogo in cui rinchiudere i minori? Si parla da mesi di ospedali Covid, con cui si è pensato più volte di mettere una pezza allo sfascio della sanità pubblica. Comunque serve sottolineare di nuovo che il progetto in campo non è un ospedale Covid, è un vero e proprio luogo dove recludere i giovani, evidenziando ancora di più dove finisce la sanità e inizia la repressione delle classi popolari. Se non fosse che un ospedale, perché rinchiudere solamente i ragazzi provenienti da un determinato contesto sociale? Ciò che verrà realizzato non può che essere chiamato carcere e salta all’occhio la similitudine con i manicomi per ciò che accomuna i reclusi: una malattia.

Le due strutture saranno gestite in primis dagli operatori, mentre il ruolo dell’ATS è relegato alla distribuzione del materiale di protezione individuale e a degli interventi generale dipendenti da caso a caso. Un’ulteriore dimostrazione del fatto che questi centri non hanno un fine sanitario, ma solo di facilitazione del controllo.

Bisogna sottolineare che le vittime non avranno la stessa facoltà di azione e di opposizione di un adulto, proprio per la loro giovane età e proprio perché provenienti tutte da contesti di subalternità o da precedenti situazioni di incarceramento. Probabilmente molte delle loro vite sono accomunate dal controllo costante delle guardie e degli assistenti sociali, come prassi che accompagna la crescita, e l’impossibilità di un contatto diretto con un intorno affine e solidale, che siano la famiglia o le amicizie.

Si va inserire come ulteriore spinta, vero e proprio addestramento degli sfruttati, alla rottura di qualunque legame umano, ciò che ha preso piede tra le classi agiate grazie agli smartphone e la didattica a distanza.

Con questa scelta cade ancora di più la maschera di Solinas e i suoi accoliti, ma anche dell’opposizione e di tutti i benpensanti che ancora non hanno proferito parola su questo schifo, giusto per sottolineare la totale connivenza di chi è al potere, al di là di ogni schieramento. Mentre ci si scandalizza ancora per la zona arancione o la spartizione delle poltrone in regione, tutti si uniscono nell’accettare un nuovo genere di galera, anzi vale come minaccia per chiunque voglia alzare la testa.

Da mesi si discute del come gestire il sovraffollamento delle carceri, in relazione al virus, e questa scelta è l’ennesima provocazione di una politica che è democratica solo quando gli sfruttati stanno zitti o chiusi a chiave, una politica che non si mette problemi a torturare chi prova a ribellarsi.

Bisognerà presto lasciare da parte la paura, le cifre dei contagi e gli schiamazzi dei politici per prendere esempio da tutti i rivoltosi che a Marzo hanno dimostrato che lottare è possibile, senza farci abbindolare dalle spiegazioni degli esperti, dalle raccolte firme o da chi crede che l’unico problema sia la morte da Coronavirus.

Pång ràss

Qui in allegato troverete il bando della regione Sardegna:

http://www.regione.sardegna.it/j/v/2644?s=1&v=9&c=389&c1=1249&id=91371