Le forze dell’ordine si trovano a districarsi tra mille intrighi : corridori seriali, negazionisti, sportivi incalliti, fumatori senza mascherina e tutti quei “nottambuli” che rientrano a casa dopo le dieci. Duro lavoro il loro.

D’altro canto, perché le istituzioni dovrebbero occuparsi di sanità allo sfascio ed economia allo sbaraglio se tutti questi pericoli si aggirano per le strade?

Di sicuro non smettono mai di occuparsi di chi sceglie di non chinare la testa, e magari lo fa in modo ragionato, provando a comunicare con il mondo che lo circonda, nel sempre nobile tentativo di migliorarlo.

Oggi un compagno ha subito una perquisizione con l’accusa di aver dato fuoco a un tricolore italiota da uno dei balconi del Bastione di San Remy a Cagliari, e in aggiunta lo accusano anche di essere una specie di “paparazzo”.

Così la Digos ha pensato bene di recarsi nell’abitazione del nostro compagno e anche in quella dei genitori, proprio perché il male non sai mai dove si annida. Tablet, telefoni, supporti elettronici di memoria sono così rapiti dai tutori dell’ordine insieme a dei malvagi indumenti e dei “razzi”.

Ora che il pericolo è scampato e che gli “eroi” in divisa hanno svolto il “loro compito” il nostro futuro è migliore, andrà tutto bene diceva qualcuno…mah.

Ovviamente non sappiamo e non ci interessa sapere se le accuse siano fondate o meno, ci interessa ribadire che staremo sempre dalla parte di chi si ribella, specialmente se lo fa contro lo Stato.

Ci interessa ribadire che la nostra rabbia resta la stessa e che siamo sicuri che queste intimidazioni non faranno arretrare di una virgola il nostro compagno sempre generoso nel suo impegno.

A lui va un abbraccio e tutta la nostra solidarietà.

Ai tricolori bruciati la nostra simpatia.

Agli sbirri il giusto disprezzo.

Comunicato del compagno perquisito:

“Oggi ho subito una perquisizione da parte della forza pubblica. Alle
8.00 mi suona il campanello con un uomo che mi dice “posta”: alle 8.
Chiaramente avevo capito che si trattava di altro tipo di servizio
pubblico. Sei agenti della digos sono entrati così in casa mia.

Hanno frugato in camera mia, tra le mie cose. Hanno aperto libro per
libro (magari ci avessero capito qualcosa).

Mi hanno sequestrato il telefono, il computer, il tablet ed ogni tipo di
memoria esterna che potessi avere.

Mi hanno sequestrato una giacca e un paio di scarpe, gli unici decenti
che avessi.

Mi hanno sequestrato otto fumogeni definiti come “razzi”, perchè il fumo
uccide.

Non contenti di ciò sono andati a casa mia a Capoterra, da mio padre,
appena dimesso dall’ospedale, per puro atto di intimidazione. Sono
rimasti per intere ore in casa fotografando il loro “materiale probante”
per passare così la velina a qualche giornalaio.

Tutto questo perchè secondo loro farei il paparazzo.

Entro oggi mi farò un nuovo numero e forse anche un nuovo profilo
social. Per adesso non mandatemi messaggi. Salvo foto di ghigni da
fargli trovare quando accenderanno il pc.

Non posso tra l’altro accedere ai miei social, in quanto ho
l’autenticazione a due fattori.

Le lotte non si fermano anche se questi “signori” continueranno a
intimidirci, perquisirci e reprimerci.

A innantis”

Cristian