Tratto da:

NurKùntra

Periodico di storie, di lotta, di conflitto e prospettive anticapitalistiche in Sardegna ed oltre…

Numero 1

Lettera da un prigioniero in carceri sarde

Sulla “sanità” carceraria

Ore 7.00-7.30 l’infermiera/e sta passando con il suo carrello, bussa al blindo, lo apre e dice: – TERAPIA! E ad ognuno dà la sua medicina. Le principali medicine sono quelle per il diabete, il colesterolo, l’ipertensione, gli ansiolitici…

Alle 12.00-12.30 stessa infermiera/e, stessa terapia.

Alle 18.00-18.30 nuova infermiera/e, stessa terapia.

Se qualcuno si sente male durante il giorno e/o la notte, bisogna prima chiamare i secondini che stanno nella rotonda, il primo filtro è il loro, se sei convincente ti dicono che come si libera qualcuno ti mandano l’infermiere/a.

Se tu chiedi che ti mandino il medico, la risposta è sempre la stessa, è occupato in un’altra sezione per una emergenza, come si libera qualcuno ti mandano l’infermiere/a. TORRA!

Se invece sei stato convincente arriva l’infermiere accompagnato sempre da un secondino. Dopo averti chiesto cos’hai, l’infermiera/e è disponibile a darti un antidolorifico, un antipiretico e/o dulcis in fundo delle gocce tranquillanti.

Quando è capitato che qualcuno perda i sensi dentro la cella, la prima chiamata arriva dai secondini, che con “celerità” avvisano sempre l’indispensabile infermiere/a, se ti va bene ti misurano la pressione sanguigna, e soltanto se sbattendo da qualche parte perdi sangue, ed hai una ferita abbastanza grande, può arrivare il medico per metterti dei punti di sutura.

Se ti serve un medicinale che il Servizio Sanitario Nazionale non rimborsa, l’Amministrazione Penitenziaria (A.P.) non te lo dà, lo puoi/potresti comprare, ma non è detto che te lo diano e non solo, quella medicina rimane nelle mani dell’A.P., che te la dà secondo i suoi orari.

Un’altra situazione paradossale è quella degli occhiali da vista, se i parenti te li portano tramite colloquio non passano. Se ti vengono inviati tramite pacco postale, passano alle censura, dei secondini, che prima guardano se le lenti si possono oscurare, dopodiché vanno all’infermeria centrale affinché un medico possa controllarli che siano a norma, infine tu devi fare la domandina (mod. 393 A.P.), alla fine ti vengono consegnati.

Anacronistico è il sistema delle visite specialistiche interne ed esterne al carcere. Quelle interne vengono filtrate attraverso delle visite generiche in una cella vuota, pomposamente chiamata infermeria, da un medico.

Se riesci a convincere il medico inizia il calvario per fare la visita specialistica interna, che può durare anche due settimane. Se malauguratamente devi farla, la visita medica, in una struttura esterna, i tempi si allungano anche di oltre un mese, se non di più e con la presenza costante della scorta di secondini che non ti mollano per nessun motivo.

Poi purtroppo ci sono i casi in cui una cartella clinica deve entrare in carcere, qui la possibilità che si “perda” nei meandri della burocrazia interna è più facile di quanto l’acqua del mare si infranga nelle rocce affioranti di una spiaggia.

Qui c’è il caso di un prigioniero, che è entrato agli inizi dell’anno con una diagnosi di pluritrauma da incidente stradale con codice rosso. La sua cartella clinica è finita nelle mani dei medici (interni) dopo 75 giorni dal suo ingresso nella cayenna, e dall’arrivo della suddetta cartella in carcere la visita è avvenuta dopo oltre trenta giorni. Spiegazioni: non sapevo dove si trovava!

Chi invece ha la sventura di entrare in carcere con delle patologie serie, o che queste gli vengano diagnosticate quando è già all’interno della cayenna, le cose diventano serie ed esilaranti.

Qua c’è qualcuno con seri problemi medici, entrato in carcere con tumori maligni in atto, con delle visite specialistiche già programmate e/o con il richiamo per una terapia antitumorale, visite che facilmente saltano e a volte ci vogliono (come in caso recente) anche 45 giorni prima di poter essere accompagnato in strutture esterne e riprendere le terapie.

Di converso conosco il caso di un prigioniero campidanese con un tumore al cervello, che ad un certo punto si è trovato in una condizione sanitaria incompatibile con la carcerazione, tanto che ne è stata sospesa la pena, salvo poi essere riarrestato e ritrovarsi con il tumore in stato avanzato, tanto che oggi questa persona ogni notte perde una notevole quantità di sangue dalle orecchie.

Per ultimo ho lasciato l’annoso problema della somministrazione del metadone e delle varie terapie ansiolitiche. Quando entri in carcere fai una visita medica e psicologica, nella seconda ti chiedono le tue dipendenze da sostanze. Se hai problemi di dipendenza dall’alcool ti danno uno sciroppino al sapore di brandy Stock, più leggero di sapore e di livello alcolico, che si chiama Alcova, di colore marroncino chiaro. In base al livello di alcolemia che hai ti somministrano la tua dose di questo sciroppo. Dopo un po’ di giorni devi fare la visita della tossicologa, che in base al responso della visita decide le dosi che devi prendere, e ti informa che puoi scalarle o aumentarle in modo che tu possa essere sempre coperto, altrimenti i pazienti iniziano a tremare.

Se invece la tua tossicodipendenza è dovuta all’eroina o alla cocaina, all’ingresso in carcere ti danno la tua dose di Metadone. Tale dose serve a coprire eventuali problemi di astinenza, successivamente passi dalla tossicologa che in base all’esame delle urine e varie visite medico-psicologiche stabilisce la dose. Il Metadone è uno sciroppo bianco dal sapore agrodolce che diventa la condanna di molti, anche questo può essere aumentato o scalato in base alle esigenze/condizioni del prigioniero, comunque diventa lo sballo giornaliero di molti. Viene somministrato ogni 24 ore, e nelle ore precedenti alla somministrazione i tossici hanno crisi di freddo e nei casi più gravi tremolio e sudorazione.

La chiamata per la somministrazione avviene tramite altoparlante, e a volte la fila dei fruitori conta più di una decina di prigionieri.

Come terapia accessoria all’Alcova e al Metadone ci sono le gocce.

Le più leggere sono le Tranquillit, di sapore dolciastro servono per annientare la tua volontà, idem le Rivoltrin che hanno una forza d’annientamento pure maggiore, anch’esse hanno un sapore dolciastro e vengono somministrate per via orale. Infine ci sono le Entomith, le Lehn e le Minias, che vengono somministrate previa prescrizione psichiatrica, sono una botta talmente forte da tenerti addormentato per ore e ore, possono essere prese per via orale o intramuscolare. Dulcis in fundo c’è il Depachin, una compressa da 300mg e 550mg, viene data sia al mattino che alla sera, previa prescrizione psichiatrica e serve per stabilizzare l’umore.

Uscire da queste terapie è assai difficile, io ho visto un prigioniero decidere dall’oggi al domani di rifiutare una di queste terapie e non dormire anche per una settimana. Perché di fatto queste terapie a detta degli “addetti ai lavori”, vengono sponsorizzate dai secondini stessi, perché un prigioniero addormentato, annullato nella sua volontà è un rompimento di coglioni in meno.

Le altre terapie sono un tabù, non vanno cercate o richieste, quello che ti fanno capire è che la cosa importante è che tu prenda tranquillanti, droghe legali e stabilizzatori, di quelli ce ne sono a karrettoni.

In questo carcere è stato assassinato Doddore Meloni, indipendentista sardo.

Berànu 2018

Piti, prigioniero indipendentista sardo